Tra gli analisti del mercato globale con i sistemi più evoluti di osservazione e proiezione è forte la preoccupazione, anche se non probabilizzata, di una crisi all’orizzonte, alcuni temendo una “tempesta perfetta” con esiti destabilizzanti peggiori di quella del 2008: recessione dei profitti nell’azionario statunitense, sprofondamento del sistema cinese con conseguenza di una svalutazione dello yuan, continuazione o peggioramento del ciclo depressivo delle materie prime, insolvenze a catena di Stati e grandi aziende internazionalizzate, ecc., il tutto complicato dalla frammentazione della governance globale, dal disallineamento delle politiche monetarie e dalla crescita del nazionalismo-protezionismo, spinto da movimenti apocalittici/difensivisti in molte democrazie rilevanti per il traino della domanda mondiale. Io e il mio gruppo di ricerca questi rischi, e altri, li vediamo nelle simulazioni, ma stiamo osservando da qualche settimana anche una marcata tendenza da parte di quasi tutti i governi e autorità monetarie del globo a calmare le acque interne ed esterne per evitare di alzare onde pericolose. Non si può dire che di fronte alla minaccia di un rallentamento dell’economia globale che potrebbe trasformarsi in situazione catastrofica le nazioni stiano collaborando e generando piani comuni. Ma la sensazione è che tutti stiano cercando di evitare il caso peggiore. Esempi. Sul piano del prezzo del petrolio sono osservabili collaborazioni geopolitiche sorprendenti e riservate per alzarlo, qui anticipate mesi fa e solo ora evidenti. La Bce ha rinunciato alla svalutazione forte dell’euro, indirizzando lo stimolo monetario verso altre leve, e la Fed non alzerà granché il dollaro, come se i due istituti si fossero accordati per convergere verso un riallineamento futuro. La Cina è in un disordine abissale, ma gli strumenti disponibili a un regime autoritario, impraticabili dalle democrazie, per contenere in modi forzosi crisi bancaria, immenso debito locale, sovracapacità sia immobiliari sia industriali, ecc., sono molto efficaci anche se moralmente inaccettabili. Se poi si aggiunge la facoltà di truccare le statistiche senza contrasti e di stampare moneta in modi nascosti, e la non utilità contingente degli attori internazionali di farlo notare, appare più probabile che la Cina non cadrà in una destabilizzazione contagiante, almeno nel medio termine (nel lungo, lo scenario è più critico). In conclusione, il mercato può scontare una ristabilizzazione globale più probabile della destabilizzazione e prevedere meno volatilità di quanto faccia ora.