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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1998-2-14L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

1998-2-14

14/2/1998

Euro: inferno più che purgatorio

Quello che sta accadendo è in netto contrasto con le dichiarazioni euro-entusiaste continuamente emesse dal governo. Prodi va a visitare Stoiber, presidente della Baviera, e lo prega di modificare il suo rifiuto relativo alla partecipazione dell'Italia all'euro. E come se Kohl visitasse Galan, Presidente del Veneto per pregarlo di cambiare un'idea. Certo, La Democrazia cristiana bavarese é un partito autonomo e ciò che pensa conta a livello nazionale. Ma, fatta questa precisazione, resta l'anomalia di un primo ministro italiano che va in giro col cappello in mano a chiedere l'elemosina a politici tedeschi, tra l'altro di livello inferiore al suo. Tralascio il commento specifico per senso di carità cristiana. Inoltre sono ormai decine le visite di Ciampi e suoi tecnici ai loro colleghi tedeschi per controbattere alla critica che l'Italia non ha né conti a posto (il volume di debito) né la credibilità per accedere al primo turno degli europaesi, cosa che verrà decisa il prossimo 2 maggio. Ricordate le dichiarazioni di Prodi e Ciampi negli ultimi 6 mesi: "ormai é fatta". Ma qualcosa non va. Ciampi comincia a tornare indietro e a dire che: "ci sono ottime prospettive, ma non si può ancora essere sicuri di entrare". Ci fa una miglior figura Fazio, governatore della Banca d'Italia, che ha sempre tenuto posizioni euroguardinghe, contrarie a quelle governative, recentemente sintetizzate in modo diplomatico con la frase: "l'euro é un purgatorio".

Cosa succede? Quello che le persone più serie in tutta Europa - e fuori- hanno sempre detto e ripetuto da anni, ma che in Italia é poco noto perché censurato dal governo e, in qualche modo, oggetto di autocensura dal più della stampa e, soprattutto, televisione. L'euro é un progetto molto più difficile di quello che la politica facilona pensi. Il problema non é tanto la moneta unica di per sé. Lo é il tentare di farla prima: (a) della riforma in senso liberalizzante degli Stati sociali e loro rigidità; (b) che le opinioni pubbliche dei Paesi europei, soprattutto in Germania, la accettino (solo Italia, Spagna e Portogallo esibiscono una netta maggioranza di eurofavorevoli, in tutti gli altri prevalgono gli eurocontrari); (c) che venga costruita l'Europa politica, cioé un potere europeo elettivo a cui deve rispondere una politica monetaria di raggio europeo; (d) che si renda omogeneo sul piano regolamentare il "mercato unico europeo" che è ben lontano dall'esserlo; (e) che si risolva il problema della disoccupazione, vero cancro europeo, causato dall'eccesso di carichi fiscali e rigidità del mercato del lavoro. Fare una moneta unica senza risolvere i problemi detti e creare le istituzioni politiche di supporto significa, semplicemente, creare più povertà, caos e rischi di conflitto intra-europeo (si veda lo scenario tratteggiato da Martin Feldstein, dell'università di Harvard, sulla rivista Foreign Affairs nell'autunno del 1997 ed il relativo dibattito apparso recentemente sul Financial Times). Per esempio, per rendere stabille l'euro in un ambiente economico non ancora armonizzato e riformato é necessario attuare politiche monetarie e di bilancio molto restrittive. Questa stretta cade su situazioni già molto compromesse da rigidità e fiscalità che impediscono la crescita economica. Come mettere sale su una ferita. Esito: urlo. Quello di ancora più disoccupati ed impoveriti. Ed é esattamente questo che Fazio intende quando dice "purgatorio". La stessa cosa prevista dai "cinque saggi" che consigliano il governo tedesco.

Infatti l'opinione pubblica tedesca comincia ad aver paura dell'euro e, soprattutto, dell'importazione dell'instabilità italiana che, peggiorando la quantità di restrizioni per rendere stabile la nuova moneta, aumenta il rischio di disoccupazione, già altissima, quasi 5 milioni di persone. Stereotipo? Tecnicamente sì. E' vero che l'Italia trasferisce a tutti gli europei il suo enorme debito (che é un quarto di quello complessivo del continente), ma conferisce anche un terzo del surplus commerciale europeo più un mercato interno vivace (anche se di meno dopo la recente cura d'olio d'Ulivo con peperoncini rossi). Ma per convincere gli altri europei che l'Italia è un'affare ci vuole tempo e, almeno, un evento di nuova credibilità. Ciampi avrebbe dovuto già nel 1996 fornire un piano serio e preciso di riduzione del debito. Invece è arrivato ai primi del 1998 senza dire nulla e, peggio, presentando un piano che da tutti é stato percepito come semplice barzelletta.

Andiamo al punto. Al lettore interessa capire se saremo nell'euro o meno. Se si fa, cosa ancora in forse a causa della rivolta eurocontraria in Germania, ci saremo o subito o con un regime speciale di semipartecipazione. Ma questo è irrilevante. Il punto, invece, è che per esserci, data la situazione, dovremo sacrificare per almeno cinque anni (al minimo) l'economia reale, cioé accettare di impoverirci per stare dentro i requisiti eurofinanziari. Fa quasi ridere se non fosse tragico: oro alla patria per perderla e diventare più poveri.

(c) 1998 Carlo Pelanda
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