Il Pil complessivo del mondo sta crescendo oltre il 4% nel 2010 trainato dalla ripresa cinese (10%), indiana (8%) e statunitense (3,5%). Di fronte a questi dati i cittadini dell’Eurozona -, e dell’Italia in particolare - potrebbero restare sconcertati. L’economia globale è in boom, l’inflazione da crescita già visibile, ma l’Europa resta in stagnazione. La crescita ora prevista nel 2010 sarà attorno all’1% stentato, quella in Italia poco più dello 0,5%. La disoccupazione sta crescendo. Nell’America che fu l’epicentro della crisi finanziaria del 2008 la gente sta tornando a consumare e le imprese ad investire con frenesia ottimista, nell’Eurozona ed in Italia resta l’incertezza economica. Perché? Come andrà?
Dai primi anni ’90 quella che è oggi l’Eurozona tende a crescere, circa, metà dell’America ed un quarto in meno della Cina, l’Italia metà della media europea. Gli Stati sociali di Francia, Germania ed Italia, le cui economie formano i 2/3 del Pil dell’Eurozona, vengono finanziati via deficit pubblico e non via crescita. Nell’area europea le tasse sono le più alte al mondo, le protezioni sindacali più diffuse ed i costi degli apparati amministrativi/politici i più elevati. Ciò spiega perché l’Eurozona cresce poco: il mercato è vincolato da protezionismo sociale eccessivo e da costi abnormi sia fiscali sia sistemici, i secondi dovuti alla poca concorrenza. Per un ricercatore, questi sono i tipici difetti di un modello socialista, dove la redistribuzione della ricchezza via mediazione statale è concepita senza valutare quanto comprima la creazione della ricchezza stessa. Quindi, in sintesi, i lettori che sono in ansia perché in cassa integrazione o temono di andarci, i commercianti, artigiani, professionisti che vedono i loro volumi di affari depressi, i giovani che non trovano lavoro e, in generale, le famiglie che soffrono di questo stato di tensione, devono sapere che ciò succede, principalmente, a causa del modello politico. Nelle altre economie del pianeta il modello è diverso, nel senso che lascia, malamente o con più equilibrio a seconda dei regimi politici, più spazio al libero mercato. Per questo il resto del mondo cresce di più dell’Eurozona e molto di più dell’Italia il cui modello socialista è particolarmente disordinato ed indebitato. Ovviamente sto semplificando in modo esagerato, ma ciò serve a rendere chiaro il punto. Volete il lavoro e la crescita? Bisogna liberalizzare il mercato, ridurre le tasse ed i vincoli eccessivi, o se no non verranno. In particolare, dare più responsabilità economica ai cittadini riducendo quella dello Stato. La scommessa dell’economia sociale di mercato – nell’Eurozona dottrina condivisa sia a destra sia a sinistra - di dare accesso per diritto alla ricchezza via redistribuzione ed alte tasse è fallita perché soffoca troppo il mercato. Questo non vuol dire invocare lo Stato minimo, ma il ribilanciare Stato e mercato affinché il secondo sia più libero di creare ricchezza. Se così non succederà, l’Eurozona continuerà a stagnare ed a perdere, pur lentamente, ricchezza. Questo è il macroscenario di fondo. Quello di medio termine vede una lenta e fiacca ripresa dell’Eurozona per il semplice fatto che la domanda globale sta trainando l’export e pian piano ciò aumenterà il Pil e, tra due anni, ridurrà la disoccupazione. Lentamente. Non ci sarà alcun disastro, ma senza liberalizzazioni e detassazioni, alla fine, ci troveremo più poveri, fragili e tristi. Chi sostiene il modello socialista attuale, pur con buone ragioni etiche, deve rendersi conto che nella realtà non funziona ed impoverisce.