Caro Esarcato vrrruuumista, tra i settori più sotto pressione a causa della recessione c’è quello dell’auto. E’ stato colpito, globalmente, da tre crisi contemporanee: aumento dei prezzi dei carburanti dal 2005 all’agosto del 2008; da settembre, calo a picco delle vendite per pessimismo da recessione; riduzione del finanziamento agli aqcuisti per la crisi bancaria. I produttori americani sono sull’orlo del fallimento, giapponesi ed europei tengono, ma con crescenti difficoltà. L’amministratore delegato del Gruppo Fiat, Marchionne, ha previsto un futuro nero: solo sei produttori al mondo potranno sopravvivere, ciascuno con la capacità di vendere almeno cinque milioni e mezzo di auto all’anno. Potrà Fiat essere tra questi? Vista la natura portante in Italia dell’industria automobilistica, in particolare l’indotto, tale domanda è di estremo rilievo e va messa in prima pagina.
Probabilmente vi saranno aggregazioni o fusioni transcontinentali in quanto per raggiungere la soglia di sopravvivenza indicata da Marchionne un gruppo aziendale dovrà essere capace di vendere mezzi di mobilità sul piano globale. Tale strategia è già stata avviata dai produttori francesi che si sono aggregati con giapponesi e stanno cercando intese con americani. La Fiat sta facendo lo stesso, colloqui in corso con i tedeschi di Mercedes e Bmw, con i secondi più approfonditi, collaborazioni industriali già in atto con un gruppo francese. Se la Fiat diventasse parte acquisita in una fusione, o secondaria in un’alleanza, potrebbe ridurre le capacità produttive residenti in Italia e la domanda di componenti da fabbriche italiane. Se l’azienda capogruppo o leader, infatti, sarà tedesca o francese dubito che rinuncerà a privilegiare, anche per pressioni politiche locali, la capacità produttiva nazionale, cioè i propri operai. Da un lato sarebbe sciocco cercare di influenzare la strategia della Fiat che è un’azienda quotata obbligata a fare le scelte migliori per remunerare i propri azionisti. Dall’altro non possiamo accettare, per interesse nazionale, una contrazione e forse sparizione del settore produttivo automobilistico in Italia, anche considerando quanta parte del Pil regionale di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia, viene direttamente o indirettamente dal settore auto. La soluzione di interesse nazionale è quella di creare un ambiente di mercato in Italia che favorisca la capacità della Fiat di essere integratore e capogruppo di altri e non parte integrata o secondarizzata. Come si può fare? Certamente rendere più incentivante la mobilità individuale in Italia, riducendone costi fiscali ed assicurativi, darebbe all’azienda con la maggiore quota del mercato nazionale un vantaggio competitivo. E grande sollievo a noi automobilisti sul piano dei costi. Un programma “auto italiana” di fondi pubblici per la ricerca pre-competitiva sulle auto di nuova generazione aiuterebbe moltissimo. Programmi regionali per la qualificazione delle fabbriche di componenti, atelier di disegno e carrozzerie speciali, ecc., che riforniscono tutte le aziende del mondo, aiuterebbe la competitività complessiva del settore auto italiano. Incentivi allo sport automobilistico con gare che spingano la ricerca di soluzioni futurizzanti, creerebbe un ambiente di competenza poi utile alle applicazioni industriali. Non tocca a me disegnare una strategia, ma è responsabilità della stampa segnalare alla politica che in questa crisi e dopo non possiamo perderci il settore automobilistico. Inoltre, nella crisi c’è l’opportunità di rendere l’Italia capitale globale del settore.
PS Mi aspetterei dalla Romagna motorista una manifestazione di Car Pride, da Fregni che la chiami ed organizzi. Se nell’occasione vi alleaste con gli (da voi) odiati bolognesi, modenesi e, mettiamoceli, dueruotisti pesaresi sarebbe intelligente. Chiedo troppo? Se chiediamo alla Beatrice Buscaroli, bolognese, ma ravennate per insegnamento universitario, di organizzare una mostra dei Futuristi “vruuum”, pensiate sia troppo? Vrumiamo.