Caro Esarcato, la brutta notizia è che la crisi, prima di settembre a sviluppo lento, ora è rapidissima e grave per la caduta repentina della domanda globale a causa dell’implosione del mercato interno americano e conseguente contagio mondiale. Quella buona, oltre al rientro dell’inflazione, è che ora la crisi è chiara e chiarissimo il modo per attutirla ed invertirla.
Si tratta di deflazione rapida e bisogna riflazionare con la massima velocità il mercato globale. Infatti tutti governi del mondo stanno preparando o già attuando politiche economiche d’emergenza con enormi stanziamenti. Quale il miglior modello? In generale, bisogna aprire tutti i cordoni della borsa, ma mettendo in priorità le misure ad effetto più rapido: detassazione, prima di tutto, con il corredo di interventi di sostegno diretto ai settori in crisi, lavori pubblici, riduzione di costi tariffari, ecc. Quale lo è per l’Italia, che varerà a fine mese un pacchetto d’emergenza per ora annunciato come riflazione economica d’emergenza pari a 80 miliardi? Per noi è impossibile aumentare il deficit annuo oltre il 3% del Pil allo scopo di non peggiorare i dubbi, già espressi come differenza di costo tra titoli di Stato italiani e tedeschi, sul fatto che ripagheremo l’enorme debito cumulato. Quindi il modello italiano dovrà ricavare risorse di riflazione ad erogazione veloce senza sfondare il limite di deficit. Come? Il modo più efficace è quello di ridurre le tasse in maniera secca e permanente. Purtroppo circolano idee non adeguate al tipo di crisi. Per esempio, detassare gli utili reinvestiti in una recessione che deprime gli utili è per lo meno bizzarro. Pensare che gli investimenti infrastrutturali siano una cura per una deflazione rapida è sbagliato in quanto il loro effetto benefico è tipicamente differito. Se si trova il modo, invece, di erogare i denari in poche settimane ed aprire i cantieri in due o tre mesi, allora è giusto. Pensare a detassazioni una tantum è inutile perché non si trasformerebbe in stimolo ai consumi. Far pagare l’Iva solo all’incasso e non all’emissione della fattura, invece, è ottima misura per rilassare i carichi finanziari delle imprese. In sintesi, il governo sta valutando ad un mix di misure tipo quelle dette, speriamo capisca che questo tipo di crisi richiede detassazioni e investimenti pubblici velocissimi con effetto a due o tre mesi, se più tardi non servirà. Quanto serve? La quantità di riflazione/stimolo utile va calcolata non solo in relazione alla recessione globale del 2009, ma anche considerando il rischio che la ripresa, nel 2010, non sarà così forte a causa della riparazione della locomotiva americana. In teoria sarebbero necessari almeno 120 miliardi tra detassazione strutturale ed investimenti pubblici. La detassazione immediata è la misura più importante. A quanto possiamo puntare, subito, senza sforare il deficit e riallocando spesa pubblica senza licenziare alcuno? Circa 30 miliardi, subito, convertendone almeno 15 ora destinati a trasferimenti diretti alle imprese e altri 16 già stanziati per le infrastrutture, non cestinando i progetti, ma rifinanziandoli poi via fondo europeo extrabilancio nazionale. Una detassazione permanente e veloce equivalente a 2 punti di Pil a imprese e famiglie, dando più beneficio alle meno abbienti, forse non basterà, ma sarà una base solida sia di tenuta sia di rilancio. Non sarà facile farlo politicamente per gli interessi che verranno disturbati, probabilmente il governo farà meno della metà qui detta, ma si sappia cosa potremmo e dovremmo fare.