Nel 2017 l’Italia presiederà il G7. Tale organismo sta diventando più importante. Il 2017 sarà un anno cruciale per il riassetto del sistema mondiale. Mi sembra un buon momento per avviare riflessioni sulle proposte che Roma dovrà presentare ai partner tra pochi mesi. Il G7 è più rilevante perché Il G20 è (geo)politicamente morto come organo di governo globale per la divergenza crescente tra Stati Uniti e Cina e per il fatto che gli europei, finora per lo più neutrali, stanno (ri)convergendo verso l’America. Resterà come forum dove si confronteranno due blocchi, la sfera di influenza cinese e l’alleanza tra le democrazie, con la Russia in posizione terza, che manterrà rilievo solo per attutire la nuova Guerra fredda, ma non più come luogo di governo via convergenza multilaterale. Per questo il G7 tornerà a governare il mercato (semi)globale delle democrazie. Nel 2009 Obama dichiarò unilateralmente la fine del G7 assegnandone la missione di governo globale al G20. Il segnale fu che l’America riteneva meno importanti gli alleati europei e il Giappone e che puntava a un accordo sinoamericano G2, cioè di co-governo mondiale con la Cina. In parte tale scelta fu dovuta al fatto che in quell’anno il mondo delle nazioni più industrializzate e ricche aveva un disperato bisogno che la Cina forzasse la sua crescita interna per assorbire più importazioni bilanciando il calo in America e in Europa colpite dalle crisi del 2008. In parte perché Obama sinceramente credeva che fosse possibile una co-governance armonica sinoamericana. A fine 2012 la ripresa statunitense ebbe meno bisogno del contributo cinese. L’evidenza poi che Pechino, in particolare dopo la presa del potere da parte di Xi Jinping, fosse un competitore strategico regionale e globale aggressivo degli Stati Uniti, spinsero l’Amministrazione Obama a proporre (febbraio 2013) la formazione sia di un mercato integrato con 11 nazioni del Pacifico (TPP) sia di uno tendenzialmente unico con gli europei (TTIP) come strumento per limitare l’influenza cinese in Asia e per ripristinare l’alleanza con gli europei. Tale idea è temporaneamente in crisi in America e in Europa perché implica un’apertura dei mercati nazionali che crea ansia e dissensi in parecchi settori, ma è ancora viva perché di evidente utilità politica ed economica per tutti. In sintesi, il G7 è il luogo naturale per diventare il futuro organo di governo dell’area di mercato formata da TPP + TTIP: America, Canada, Messico, Unione europea, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Cile, Perù, ecc.. Infatti, la prima e principale proposta italiana che suggerisco è quella di invitare come osservatori nel G7 del 2017 le nazioni coinvolte nei negoziati TPP e TTIP come premessa per cooptarle nel G7 rendendolo, appunto, luogo di governo di un mercato globale delle democrazie in via di strutturazione, dal Pacifico all’Atlantico. Questa impostazione è in linea con l’Amministrazione Obama, ma nel gennaio 2017 ci sarà un nuovo presidente americano. Clinton avrebbe una linea continuista. Trump non si sa. Ma poiché è del tutto evidente l’utilità per tutte le democrazie di formare un mercato comune, anche un Trump isolazionista eventualmente al potere, e con la priorità di rilanciare l’America, non potrebbe ignorarlo. Certamente la scuola italiana di diplomazia, tra le migliori al mondo, potrebbe trovare i modi per suggerire la continuazione del processo di compattazione globale delle democrazie anche nell’eventuale variazione della politica estera statunitense. E potrebbe farlo anche con una gradualizzazione del tema per evitare di interferire nelle delicate elezioni politiche in Francia e Germania nel 2017 dove il TTIP è motivo di forti dissensi, pur riducibili con migliore informazione. Poi Roma dovrebbe proporre di lasciare una finestra futura aperta per la Russia, ora esclusa. In prima bozza, mi sembra che tale impostazione abbia senso sia per l’interesse generale dell’alleanza tra democrazie sia per quello italiano, considerando che nel mondo TTIP + TPP, se realizzato, l’Italia sarebbe la nazione con maggiori vantaggi economici diretti e indiretti. Discutiamone, ma con una posizione attiva consapevole dell’importanza oggettiva dell’Italia nella governance globale e non più quella di nazione che si considera secondaria, passando da una sovranità passiva e muta a una “contributiva”, cioè attiva in materia di ordine mondiale. Chi è interessato potrà trovare approfondimenti nel mio libro Nova Pax.