E’ inaccettabile che l’incapacità di gestire i flussi di migranti metta a rischio la fluidità del mercato europeo senza frontiere per la paura delle popolazioni di essere invase da alieni che ne porta il consenso verso politiche chiusiste. Poiché c’è un enorme rischio che arriva dalla politica all’economia, mi sembra razionale inserire un criterio economico/utilitarista nell’individuazione di soluzioni. La prima applicazione del criterio di utilità, anzi del realismo che ne è precursore, impone un chiarimento. Parte della politica pretende di rielaborare i sentimenti degli individui con appelli morali: siate solidali, aperti, tolleranti, ospitali, ecc. Ma i dati mostrano che persone aperte, con buona istruzione, di cultura cristiana solidale, ecc., provano comunque paura e votano offerte difensive senza per questo essere razzisti, nazionalisti, apocalittici, ecc. Pertanto la giusta politica non è quella di convincere la gente a non avere paura, ma quella di eliminare le fonti della paura stessa. Ciò implica: (a) ridurre la quantità per unità di tempo degli afflussi di migranti; (b) ridurre attivamente via assimilazione e (ri)educazione la diversità degli immigrati con la popolazione residente. Si può fare? Certamente, ma impone un investimento notevole. Questo è il punto principale dell’approccio utilitarista al problema: se vogliamo ridurre il rischio di danni catastrofici futuri dobbiamo spendere ed agire di più per evitarli, ora. La logica moralistica sopra accennata è sbagliata, ma lo è anche quella semplicistica: respingiamo e quelli che passano li mettiamo a vegetare in qualche luogo senza interventi attivi su di loro. In Italia riceviamo immigrati senza bloccarli alla fonte e quando entrano li buttiamo da qualche parte senza presidiarne i percorsi uno per uno, diventando un luogo di disordine che rischia di destabilizzare noi e l’intera Ue. La Germania, obiettivo dei flussi via Balcani, si è già mossa entro una logica attiva e utilitarista: ha portato sulla Turchia l’onere, remunerato con soldi Ue, di contenere i transiti e ha stanziato 10 miliardi per costruire luoghi e funzioni di assimilazione degli immigrati, cioè campi di rieducazione, sistemi di tutoraggio, insegnamento del tedesco, ecc. Sottolineo che tale programma di integrazione evita qualsiasi multiculturalismo e ha l’obiettivo di sradicare la cultura precedente per germanizzare rapidamente l’immigrato. Forse non è bello moralmente, ma è utile ed efficace: la Germania ha bisogno di immigrati che non vengano percepiti troppo diversi e che facciano figli per ripristinare una demografia crescente che sostenga l’espansione economica futura e la possibilità di pagare le pensioni. Inizialmente Merkel ha un po’ esagerato nel creare l’attrazione per prendersi i siriani che sono capitale umano di qualità e cogliere l’opportunità del loro status di fuggitivi per nascondere un’operazione di “immigrazione strategica”, ma ha subito riequilibrato il sistema con le mosse dette sopra. Suggerisco a Roma di muoversi nella stessa logica, anche se le soluzioni saranno più difficili. La priorità è bloccare i migranti sulla costa libica e dintorni. Il problema non sono i mezzi di ricognizione e interdizione, l’Italia potrebbe fare da sola, ma la necessità di avere un presidio a terra dove scortare e assistere i migranti e rimandarli a casa grazie ad accordi con i Paesi di origine. Roma sta studiando l’opzione e non voglio interferire. Mi permetto solo di segnalare che l’operazione costerà, per esempio dando extrasoldi all’Onu per gestire campi di raccolta, ma che questo costo va visto come investimento per evitarne uno molto maggiore nel futuro se i flussi resteranno incontrollati. Costerà molto anche l’assimilazione dell’immigrato che vorrà restare in Italia e di cui l’Italia ha bisogno per risolvere lo stesso problema demografico della Germania: campi di raccolta per controlli e scrematura; luoghi attrezzati per l’istruzione linguistica, culturale e tecnica. In conclusione, limitando il numero degli ingressi e rieducando gli immigrati questi da problema diventeranno opportunità e non faranno paura. Le novità di questa logica sono: 1) assimilazione al posto di un’integrazione che rispetta la cultura originaria, anche se questa è incompatibile; 2) investimento sull’immigrato in assimilazione al posto di un suo trattamento passivo; 3) libera circolazione dell’immigrato solo dopo un esame di compatibilità. Così terremo l’Europa aperta e razionale.