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Carlo Pelanda: 2015-10-25Libero

2015-10-25

25/10/2015

La leggerezza strategica inglese mostra nervosismo

Quale strategia alimenta la relazione privilegiata che Cina e Regno Unito hanno voluto dimostrare con una insolitamente enfatizzata visita di Xi Jinping a Londra? L’evento è rilevante perché nel momento in cui Washington sta formando un mercato comune amerocentrico tra 12 nazioni del Pacifico (TTP) anche con lo scopo di limitare l’influenza cinese nella regione, come dichiarato esplicitamente da Obama, l’alleato principale degli Stati Uniti annuncia, in divergenza plateale, un asse Londra-Pechino. Parallelamente, il governo Cameron sta impostando il negoziato per la permanenza della Ue trattandolo come partecipazione a un’area di libero scambio senza implicazioni di convergenza politica. In sintesi, Londra sta cercando mani più libere nelle relazioni sia con l’America sia con la Ue. Molti osservatori suggeriscono che Londra stia attuando una strategia di difesa della piazza finanziaria londinese: liberarla dai vincoli delle regole europee, farla diventare il centro globale per l’internazionalizzazione degli scambi finanziari in yuan, cogliendo l’opportunità di battere la concorrenza della piazza statunitense che tale azione non può svolgere per la frizione tra America e Cina. Certamente questo è un motivo della strategia favorito dalla necessità di Xi Jinping di evitare che il TPP, aggiunto al trattato per un mercato euroamericano, il TTIP ora in negoziazione tra Ue e Usa, escludano per sempre la Cina costringendola a rinegoziare gli accessi a queste due aree di mercato amerocentriche, che rappresenterebbero il 67% del Pil mondiale, a condizioni meno favorevoli di quelle attuali. Ma possiamo credere che Londra accetti di diventare un ascaro di Pechino? Il governo Cameron sembra comunicare che in materia di sicurezza resta un pilastro dell’alleanza occidentale e un superalleato dell’America, ma che non accetta confini economici tra diverse aree del mercato globale. Ciò è in contrasto con l’idea di ricompattare l’area delle democrazie in forma di mercato integrato tra loro che escluda i regimi autoritari, pur non negando loro gli accessi. Il TTP e il TTIP sono le forme concrete di questa strategia, perseguita dall’America, ma sostenuta dal Giappone e, più timidamente, dalla Germania. Fino a poco fa Pechino, e Mosca, hanno tentato sia di sabotare il TPP e il TTIP sia di contrapporre a questi analoghe aree di mercato. Ora Pechino ha modificato la strategia non cercando più di fronteggiare il mercato delle democrazie in formazione, ma di insinuarsi in esso con capacità condizionanti, particolarmente in Europa, per renderlo più permeabile. Anche la Russia ha fatto una svolta collaborativa per non farsi escludere. Questa è la grande partita del potere globale in corso. Londra si è inserita, usando la paura di Pechino, o forse viceversa, per essere considerata un giocatore rilevante e trarre vantaggi economici da questa nuova posizione. In sintesi, non temo che Londra voglia veramente sabotare la strategia di ricompattazione dell’Occidente. Temo, però, che il suo calcolo mercantilista alla fine produrrà gravi problemi al tentativo di formare un mercato globale delle democrazie, con regole adatte ai loro modelli, e con lo scopo di condizionare i regimi autoritari affinché la loro precarietà interna non destabilizzi il mercato globale. Noto, infatti, un’inusuale leggerezza nei think tank strategici britannici. Ciò è spiegabile, ipotizzo, con il fatto che il Regno Unito si senta minacciato ed escluso dall’Europa e marginalizzato dall’America e che ciò abbia reso prioritaria una qualche manifestazione forte di rilevanza e meno importante il calcolo delle conseguenze. Tra queste, la destabilizzazione della Cina nelle fasi di sostituzione delle èlite che non può avvalersi di elezioni, ma si basa su un confronto violento tra gruppi di potere: candidarsi a essere lo hub globale e il gestore di una moneta con sottostante una nazione ad alta probabilità di implosione nel futuro è un atto bizzarro che indica, appunto, poca lucidità dovuta a una situazione di emergenza percepita. L’interesse nazionale italiano, come propongo di definirlo, è che il TTIP si concluda positivamente, poi si raccordi con il TPP e, infine, apra delle finestre per Pechino e Mosca condizionate a loro comportamenti stabilizzanti, sia interni sia esterni. Raccomando a Roma di non sottovalutare il nervosismo di Londra e in sede Ue e G7 di favorire nuove azioni che possano far sentire il il nervoso Regno Unito più a suo agio nella squadra delle democrazie.

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