Se vincerà il sì il governo Tsipras dovrà dimettersi e l’eurosistema concederà alla Grecia un regime provvisorio di aiuto e, alla fine, un accordo sistemico premiante. Se vincerà il no, l’eurosistema riprenderà i negoziati con Tsipras, ma dandogli l’alternativa o della resa o dell’uscita della Grecia dall’euro, sospendendola dalla Ue, in sostanza costringendolo a dimissioni o rimozione via rivolta interna. Se vincesse il sì e Tsipras non si dimettesse questi sarebbe delegittimato e si realizzerebbe, solo più rapidamente, il medesimo scenario della vittoria del no. Poi seguito da uno più accomodante con i successori di Tsipras, probabilmente un qualcosa di simile ad un governo temporaneo di unità nazionale fino a nuove elezioni dove socialisti centristi e centrodestra riceverebbero incentivi per formare una coalizione pro-europea. Questo scenario si basa sull’evidenza che l’eurosistema persegua come obiettivo prioritario l’esclusione dal potere delle sinistra e destre estreme divergenti dagli eurostandard. Tutti i governi dell’Eurozona, infatti, sono d’accordo nell’eliminare Tsipras, il più determinato quello spagnolo che vuole una punizione dissuasiva di Syriza, equivalente greco di Podemos che ha chance di vittoria nelle prossime elezioni in Spagna. Per inciso, quando Tsipras se ne è accorto ha chiamato il referendum per cercare di farsi difendere da un pronunciamento popolare o darsi una via di uscita dignitosa per restare in politica. Ma non si è reso conto di quanto sia violento l’eurosistema. Lo ha colto quando ha dovuto, per mancanza di liquidità elargita dalla Bce, chiudere le banche greche. Ha cercato di riaprire i negoziati in extremis, diventando figura patetica, ma si è sentito dire uno spietato no da una Merkel che in questo frangente ha difeso più la sua leadership europea che una posizione solo tedesca. Il pericolo del contagio politico di Syriza è reale ed è ovvio che i centristi sia di destra sia di sinistra siano disposti anche a massacrare popoli e nazioni, o costringerle alla resa, per fermarlo via dissuasione ottenuta mostrando l’insuccesso di offerte politiche nazionalsocialiste, neoperoniste e nazional-protezioniste che stanno prendendo piede nelle euronazioni impoverite dalla politica del rigore, Spagna, Francia ed Italia in particolare, e che creano una reazione nazionalista di autodifesa dal disordine in Germania, Olanda, Danimarca, Austria, ecc. Ma perfino più importante è un problema di macrofinanza: se per qualche motivo si affermasse la pretesa di Tsipras di farsi condonare il debito e di ottenere soldi per finanziare un modello assistenzialista dissipativo, allora il mercato globale sconterebbe la possibilità di insolvenza per i debiti italiano, spagnolo e francese aumentando lo spread con i bund tedeschi proprio nel momento in cui la Bce compra, di fatto garantendoli, i titoli di debito delle nazioni euromeridionali. La Bce perderebbe credibilità come garante di ultima istanza e sarebbe razionale per il mercato finanziario scommettere sulla dissoluzione dell’euro. Infatti di fronte a questo rischio quello di espellere la Grecia dall’euro è considerato molto minore. L’eurosistema e la Bce guadagnerebbero in credibilità se la Grecia, nel caso restasse divergente, uscisse. Ma sarebbero ancor più credibili se costringessero la politica greca ad allinearsi con le regole europee. Ciò spiega la razionalità costi/benefici dell’azione di rimozione di Tsipras. E rende probabile che l’eurosistema darà un bel premio alla Grecia se convergerà - tecnicamente non è un gran problema aiutarla - con Tsipras arreso o rimosso, comunque sconfitto. Al momento l’America sostiene questa strategia dell’eurosistema anche se è più morbida con Tsipras perché teme che una Grexit comprometta la Nato. Ma se per qualche motivo la strategia di rimozione/resa fallisse e la Grecia dovesse uscire, l’eurosistema come si comporterebbe? Dovrebbe dimostrare al mercato finanziario globale forti volontà e capacità di coesione, applicando rapidamente il piano delle “sovranità condivise” approvato dai 5 presidenti europei (Consiglio Ue, Parlamento, Bce, Eurogruppo, Commissione) facendolo convergere con i trattati “Fiscal Compact” già siglati, ma non ancora resi operativi. Ciò comporterebbe il commissariamento, morbido nella forma, ma duro nella sostanza, dell’Italia a causa della sua vulnerabilità sul piano del debito e della crescita. Quindi è interesse nazionale che l’Italia sostenga l’eliminazione o la resa di Tsipras.