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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1998-7-9L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

1998-7-9

9/7/1998

Per alzare l'economia non basta la sola riduzione del costo del denaro

I numeri dell'economia italiana non sono buoni. La crescita del Pil nel 1998 sarà certamente inferiore alle attese governative, anche se non si può dire ora di quanto. Probabilmente sotto il 2% invece dello sperato 3%. Confindustria stima un pudico 2,3%, molti istituti finanziari un brutale 1,6%, alcuni perfino meno. In ogni caso, a parte i numeri di dettaglio, la tendenza stagnante comunque rilevata da tutti significa che per il 98, e buona parte del 99, certamente non ci sarà nuova occupazione (per farla ci vorrebbero due o tre anni di crescita continua oltre il 3,5%). I dati relativi alle attività industriali sono altrettanto stagnanti o regressivi. Soprattutto aumenta la delocalizzazione delle industrie all'estero. Tengono la "testa" in Italia, ma il "corpo" viene sempre più spostato in paesi dove il costo del lavoro é minore, le regole occupazionali più flessibili e le tasse molto più basse. Ma il dato più importante é che i capitali esteri non investono in Italia e che non si vedono nuove aziende. Significa che il paese non é attrattivo per gli investimenti. Ed infatti lo stesso capitale dei risparmiatori italiani sempre più se ne va all'estero. Da circa la metà del 1996 il paese si sta deindustrializzando e decapitalizzando.

Fino all'inizio del 1998 questa tendenza é stata un prezzo necessario per accedere all'euromoneta. Per mettere in poco tempo i conti (anche se solo nominalmente) a posto, il governo ha dovuto alzare le tasse e ridurre la quota per investimenti della spesa pubblica. C'era anche un altro modo per ottenere il risultato senza soffocare l'economia interna. Ma dobbiamo riconoscere che un governo di sinistra non poteva attuarlo a causa dei suoi vincoli politici (sindacati, filosofia statalista, ecc.). Quindi é tempo perso criticarlo oltre misura per ciò che ha fatto nel recente passato. Prodi, infatti, aveva previsto scarifici fino all'entrata nell'euro, ma un grande crescita appena dopo, cioé a partire da metà del 1998, ovvero la celebratissima "fase 2". E da qui in poi si può valutare ciò che realmente questo governo sa e può fare per l'economia. E le prospettive, come visto sopra, non sono buone.

Sono ancora peggiori se si mettono in luce alcuni errori di impostazione genetica della politica economica. Il più vistoso riguarda l'illudersi che abbassando i tassi di interesse, cioé il costo del denaro, vi sarà una ripresa automatica del ciclo economico. Non é così. Se le tasse restano alte ed il mercato del lavoro rigido, l'imprenditore non decide di fare più investimenti, o nuovi, solo perché il ricorso al credito é meno oneroso. Ed é ovvio. Inoltre abbiamo l'esempio della recessione del Giappone dal 1992 in poi. Ha abbassato il costo del denaro fino alla cifra incredibile dello 0,5% per stimolare la ripresa economica. Ma non ha funzionato in quanto le alte tasse e le rigidità del sistema non incentivavano comunque le imprese ad investire nel sistema nipponico. Ed infatti nella campagna eletorale ora in svolgimento il primo ministro Hashimoto ha, finalmente, messo in priorità la defiscalizzazione e liberalizzazione del sistema. Ed é lo stesso problema che esiste in Italia (nonché la Francia e la Germania basate su un simile, anche se più efficiente, modello statalista). Fino a che non si riducono le tasse, e la spesa pubblica inutile che le mantiene alte, e non si liberalizza l'economia, la leva del basso costo del denaro non servirà, da sola, ad indurre l'uscita dalla stagnazione. Ma Prodi promette ancora che l'euro (cioé il basso costo del denaro) sarà da solo, senza sostanziali riduzioni di tasse e (con le 35 ore) perfino aumentando il costo del lavoro, la molla di un nuovo boom. Il Paradiso. Ma, per le ragioni qui dette, Fazio lo aveva già corretto prevedendo un Purgatorio. Ora la persistenza di Prodi e Ciampi in questo errore fondamentale di cultura economica fanno temere che sarà Inferno.

Il paese può reggere la pericolosa incompetenza di questo governo per un po' senza entrare in una crisi evidente e restando in un equilibrio stagnante. Ma poi deindustrializzazione e decapitalizzazione striscianti arriveranno ad un punto critico e causeranno un impoverimento improvviso. Strutturale, cioé non facilmente reversibile. Mi sembra corretto avvertire i lettori di questo rischio nascosto dalla propaganda governativa. Comunqe non si perda l'ottimismo. Un nuovo governo dotato della volontà politica di ridurre le tasse e le rigidità potrebbe ridare al Paese, in poco tempo, una tendenza alla forte crescita. L'Italia é ancora un sistema ricco, anche se ogni anno di meno. Il punto é che il cambiamento non può aspettare più di due anni per poter essere efficace. Prima è, meglio è.

(c) 1998 Carlo Pelanda
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