Il sistema mondiale, dopo la fine della Pax Americana (1944 – 2008) si sta frammentando in blocchi regionali, ciascuno con la strategia di creare una sfera di influenza organizzata come area economica centrata sulla nazione aggregante. Il fare impero travestendolo da mercato regionale dipende dall’analisi del perché gli imperi del passato sono implosi: troppi costi economici e di dissenso. La nuova formula permette alla nazione aggregante sia di evitare tali costi sia di ottenere un megaprofitto da signoraggio geoeconomico, per esempio la Germania dopo l’aggregazione dell’Eurozona. L’America sta tentando di integrare le democrazie sia asiatiche (negoziato TTP) sia atlantiche (negoziato TTIP) in un unico mercato con al centro l’America stessa ed il dollaro. L’opzione di riserva o ancillare è quella di controllare l’America meridionale, vero motivo della recente apertura verso Cuba per rafforzare il nucleo della sua sfera di influenza che include le democrazie anglofone del Commonwealth. La Cina sta costruendo un’ampia area di influenza (Greater China) perseguendo due strategie: (a) formazione di un mercato integrato sinocentrico comprendente le nazioni asiatiche geograficamente prossime; (b) penetrazione economica in tutto il resto del mondo per scopi di condizionamento geopolitico. La prima azione è molto contrastata da Giappone, Vietnam, Filippine, ecc., nonché da un’azione strategica statunitense di contenimento sistemico, pur “leggero”, dell’espansione cinese. La seconda non ha finora trovato contrasti importanti in Africa e, soprattutto, nell’Europa in crisi alla caccia di capitali. Ma li sta per trovare in America latina dove la penetrazione cinese è in frizione diretta con l’espansione statunitense. La Russia sta tentando di riorganizzare le nazioni ex-sovietiche rimaste nella Csi in un’area di mercato integrato, ma è il blocco regionale più a rischio di implosione per sua debolezza. Tale nuovo gioco multiplo, alla fine, verrà semplificato come competizione tra due potenze principali, America e Cina, che conquisteranno le altre: Russia, Europa, Indonesia, Giappone, ecc.. Per gli attori principali ora è utile tenere aperto il mercato globale. Ma l’architettura geopolitica in formazione predispone il sistema a chiudersi in mercati regionali alla prima crisi. Inoltre, l’export sta diventando sempre più politico. Il punto: per l’Italia, potenza esportatrice, conviene essere parte di un mercato globale delle democrazie oppure di un’Europa neutrale che spera così di commerciare con tutti o di un’Eurasia con Russia e Cina guidata da Pechino? La Germania mostra al momento una posizione confusa, ma tende al neutralismo. La Francia punta ad un’Eurasia dove poter mantenere una posizione di privilegio e tenta un convergenza con la Russia sia per sostituire Berlino sia per mostrare a Pechino che in una possibile alleanza euroasiatica Parigi conterà. Londra è assente, Roma ferma. In questa situazione è probabile che l’Europa divisa e, per questo passiva, sarà terreno di scontro tra gli imperi americano e cinese in formazione, la Russia già quasi conquistata da Pechino per errori sia dell’America sia di Putin. Vi aggiornerò sullo scenario in sviluppo, ma devo subito avvertire che per l’interesse nazionale italiano il massimo vantaggio è già ben chiaro nelle simulazioni che combinano sicurezza, business e stabilità finanziaria: (a) formazione di un mercato euroamericano a sua volta parte di un mercato globale delle democrazie; (b) mediazione tra America e Russia per non lasciare la seconda, cliente primario per l’Italia, nelle mani di Pechino (qui il Vaticano dovrà aiutare con la Chiesa ortodossa come sembra aver già iniziato). Realismo? Senza l’Europa l’America, anche se le riuscisse il dominio dell’America latina, sarà sconfitta dalla Cina e ciò rende rilevante l’Europa stessa agli occhi dei due competitori. E se non fosse possibile portare la Ue verso tale scenario nonché renderla sufficientemente compatta per negoziare alla pari con la tipicamente etnocentrica diplomazia statunitense? Penso che Roma dovrà agganciarsi, probabilmente con Londra e Madrid, all’America, cercando autonomia e rilevanza offrendo in cambio una missione di presidio proconsolare del Mediterraneo, opzione utile anche per predisporre il passaggio al dollaro nel caso non escludibile che l’euro imploda. Ma utile anche per segnalare a Francia e Germania, per dissuaderle, che l’Italia non le seguirà nel caso scegliessero l’Oriente o il neutralismo.