La recessione corrente mi preoccupa meno delle prospettive di stagnazione futura. Difficilmente la nazione potrà reggere i previsti (da quasi tutti) 5 anni di crescita zero o minima dopo tre anni di recessione. Il problema non ha soluzioni ordinarie, continuiste. Pertanto sento il dovere di segnalare quelle straordinarie, discontinuiste. Continuità o discontinuità esattamente di cosa? Del modello costituzionale “orizzontale”. Dai primi Anni ’90 la bassa crescita dipende principalmente da un difetto di governabilità “verticale”: il modello economico e fiscale non è stato adeguato alle condizioni che favoriscono la crescita. Inoltre, dopo la crisi del 2008 i governi italiani non hanno mostrato alcuna reattività e dopo il 2011 hanno perfino attuato politiche peggiorative. Siamo stati e siamo governati da incapaci oppure c’è un blocco che rende inapplicabili azioni di semplice buon senso economico? Sembra imputabile, a prima vista, la forza condizionante della sinistra politica e sindacale (Cgil) che, insieme a quella francese, è l’unica che resta irriformata, cioè statalista-lirica, tra le democrazie occidentali. Ma quando la destra ha governato, l’inerzia dell’azione di governo non è cambiata. Perché la destra italiana è più influenzata da correnti protezioniste che liberalizzanti-realistiche? Certamente è stato un fattore. Come lo è stato l’ingabbiamento entro gli schemi rigidi dell’euro, questo sì un atto di imbecillità: mantenere la sovranità su un debito enorme e cederla sui mezzi per ripagarlo. Ma ricordo le tante volte in cui Berlusconi ha denunciato l’assenza di strumenti adeguati per governare. Osservo ora l’inquietante flop del tentativo di Renzi, pur nei limiti statalisti della sinistra, di stimolare l’economia. In sintesi, dall’insieme di concause che spiegano la bassa crescita dell’Italia spicca l’insufficienza di poteri esecutivi, pur volenti, per cambiare le cose. La politica tentò e tenta di compensare il gap di governabilità verticale attraverso leadership carismatiche. Ma il fallimento riformatore di Berlusconi e quello corrente di Renzi mostrano che questa soluzione, a metà tra straordinario ed ordinario, non funziona. Quindi, se vogliamo cambiare, dovremmo riconoscere che lo Stato è fallito per difetti della sua Costituzione ed attivare il processo democratico per scriverne una nuova con enfasi sulla capacità di un governo di governare sul serio. Quando Francesco Cossiga, nel periodo in cui ne fui consigliere (1990-91) mi chiese opzioni per rendere più verticale la governabilità dell’Italia non esitai a suggerire l’adozione della Repubblica presidenziale, modello statunitense. La sua obiezione fu che ciò avrebbe comportato la fine dei “partiti gestionali” (comando delle istituzioni da fuori, inaugurata dal Fascismo e proseguita dai partiti del Cln) in quanto un potere esecutivo eletto indipendentemente da quello legislativo avrebbe depotenziato il partitismo pur non indebolendo il Parlamento. Disse: sacrosanto e modernizzante, pensando al mondo post-Guerra fredda, ma i partiti non accetteranno mai di suicidarsi. Cercò altre soluzioni più mediate, ma non le trovò. Ma bastò solo il tentativo per coalizzare i partiti contro di lui ed inabilitarlo. Questa lezione ci insegna che il processo di revisione della Costituzione non potrà essere ordinario, cioè guidato dai partiti in Parlamento, ma straordinario. Possiamo eleggere un’Assemblea costituente? Sarebbe la miglior cosa, ma la procedura non è regolata dalla Costituzione e sarebbe imprudente creare uno “stato d’eccezione” clamoroso in una nazione con così alto debito, per questo sorvegliatissima: finiremmo commissariati da Ue, Bce, Fmi con il plauso di tutto il mondo. Ma è possibile la soluzione semi-discontinuista di trasformare le prossime elezioni politiche in “momento costituente”, creando dal basso un movimento con questo scopo, possibilmente con prevalenza a destra e sinistra di “presidenzialisti”. Chiamo altre opinioni e, sperabilmente, progetti più istruiti su questo punto. Mi sento, invece, sufficientemente competente per affermare che la situazione economica italiana potrà essere facilmente invertita da un potere esecutivo più forte e sbloccante, in modo meno efficace se vincesse la sinistra, più efficace e rapido se si affermasse un Presidente di destra liberalizzante, ma in ambedue i casi meglio di adesso. La nazione, infatti, è ancora viva e potrà rialzarsi, perfino volare, se liberata dai pesi eccessivi che la deprimono. La nazione c’è, manca uno Stato che la governi.