Parecchi lettori mi hanno chiesto una posizione precisa sull’euro. Eccola: (a) così come è l’Eurozona non può funzionare; (b) ma i difetti sono riparabili; (c) quindi conviene prima tentare di ripararli e solo poi, in caso di infattibilità, pensare ad alternative. La riparabilità va valutata: (1) nell’architettura politica dell’euro come originariamente decisa nel Trattato di Amsterdam, 1997; (2) nello statuto della Bce; (3) nel trattato Fiscal Compact; (3) nella gestione della politica monetaria talmente influenzata dal “criterio tedesco” da compromettere l’indipendenza della Bce. 1) Ad Amsterdam, su pressione della Germania, fu deciso di creare un’area monetaria priva di una funzione di compensazione degli effetti negativi dovuti all’applicazione della stessa moneta a nazioni con situazioni economiche diverse. Furono generati parametri di ordine contabile a cui ogni nazione doveva aderire, pena sanzioni. Tale modello ha penalizzato sia le nazioni meno industrializzate, perché una moneta e cambio forti imposti ad un’economia debole ne comprimono la crescita, sia quelle industrializzate, ma con alto debito, come l’Italia. In particolare, la rigidità degli europarametri non permette alle nazioni che lo volessero di fare riforme via detassazione stimolativa in deficit. Tale architettura ha amplificato i problemi di sviluppo e/o di equilibrio finanziario di chi li aveva già, creando un sud ed un nord dell’Eurozona mentre sarebbe stato possibile, con un modello più flessibile e dotato di funzioni di compensazione, arricchire tutte le euronazioni. La revisione dovrebbe creare una funzione europea di compensazione ed adattare i parametri di ordine contabile caso per caso. 2) Lo statuto della Bce le impedisce di comprare il debito delle nazioni partecipanti e quindi di agire come prestatore di ultima istanza. Le nazioni hanno trasferito la sovranità monetaria alla Bce. Se questa e le nazioni non possono stampare moneta comprando debito chi garantisce il debito stesso? Nessuno. Per questo motivo i debiti nazionali in euro sono valutati dal mercato come se fossero espressi in moneta straniera e caricati di un forte rischio. Per l’Italia con alto debito tale situazione è una condanna a morte. In particolare, senza altri garanti del debito quello di ultima istanza è necessariamente il patrimonio/risparmio degli italiani, per tale motivo caricati di tasse eccessive e imprigionati in un destino di declino e depressione. Poi lo statuto non contempla la funzione stimolativa della politica monetaria in caso di crisi. Questi due difetti, imposti dalla volontà tedesca di mollare il marco solo se l’euro fosse stato come il marco stesso e se i soldi tedeschi non sarebbero andati a garantire debiti altrui, hanno causato almeno un milione di morti economici in Italia e di più in Grecia e Spagna, ma alla fine anche in Francia, Olanda, ecc. Il cambiamento dello statuto Bce per correggere i difetti detti, un’anomalia in relazione alle Banche centrali del pianeta, è una priorità assoluta. 3) Il Fiscal Compact peggiora i difetti del modello di Amsterdam irrigidendo ancor di più le politiche di bilancio. Va sostituito con una funzione europea di compensazione combinata con una disciplinante, comunque necessaria, ma flessibile e scaricata dal compito di garantire i debiti nazionali da affidare, appunto, alla Bce. 4) Tutti questi problemi sarebbero meno devastanti se la Bce facesse più operazioni di liquidità anticrisi e se tirasse giù il cambio, ma il contrasto della Bundesbank nel direttivo della Bce lo impedisce. Infatti Draghi, anche prova dei difetti qui citati, ha dovuto aggirare lo statuto della Bce per evitare catastrofi. Ma la Germania lo sta ingabbiando. In conclusione, i difetti dell’euro sono individuabili e riparabili sul piano tecnico, ma per farlo bisogna forzare la Germania a modificare i trattati. Il problema dell’euro è una riedizione della secolare questione tedesca. Gestirla non sarà facile, ma è possibile anche in vista della formazione di un mercato unico euroamericano (negoziati TTIP tra Ue ed Usa in corso) che richiederà la convergenza tra dollaro ed euro e quindi una gestione meno gotica del secondo (scenario nel mio libro “Europa oltre”). Sarebbe suicida uscire dall’euro data questa prospettiva. Ma per favorirne la realizzazione, e per attutire la gabbia tedesca nel frattempo, l’Italia deve conquistare credibilità e forza negoziale dandosi più ordine ed efficienza. Questa la priorità nelle contingenze e non il chiedersi se restare acriticamente nell’euro o uscirne avventuristicamente, ambedue posizioni miopi.