Finalmente il capitale estero arriva anche da noi. Me è un cambiamento temporaneo nei flussi finanziari globali e non un particolare miglioramento dell’Italia che da qualche mese porta investimenti massivi sui nostri titoli di Stato, riducendone il differenziale di rendimento (spread) con quelli tedeschi, e sulla Borsa, alzandone i corsi in modo non correlato alla ripresa ancora poca e lenta. Ora si tratta di capire fino a quando durerà la cuccagna e a quali condizioni il capitale di investimento continuerà ad entrare e, soprattutto, a restare nella nostra economia. Cosa è successo? Nella seconda metà del 2013 il mercato finanziario internazionale ha percepito che stava per finire la stampa di nuovi dollari da parte della Banca centrale statunitense (Fed). L’abbondanza di liquidità porta tipicamente il mercato a sottovalutare i rischi e quindi ad orientare i flussi di investimento verso nazioni, valute e beni ad alti rischio e rendimento. L’annuncio, e poi la conferma, che la Fed avrebbe ridotto progressivamente la “pompa” di capitale ha indotto il mercato a ricalibrare i calcoli, orientando i flussi verso impieghi a minore rischio con il più alto rendimento possibile entro tale limite. Per inciso, ciò ha messo in difficoltà le nazioni emergenti che hanno subito un improvviso deflusso di capitali e caduta delle loro valute. In quel momento l’Eurozona meridionale si trovava nella condizione di offrire basso rischio, grazie alla garanzia Bce sulla tenuta dell’euro, valori borsistici sottovalutati e rendimenti dei titoli di Stato piuttosto alti. Da allora i flussi globali di capitale hanno inondato l’Italia ed altri euromeridionali. Fino a quando durerà? Per i titoli di Stato fino al momento in cui i rendimenti mostreranno un differenziale appetibile: siamo vicini all’esaurimento, ma un paio di mesi cuccagnosi ci sono ancora. In Borsa i titoli italiani sono ancora molto sottovalutati e c’è parecchio spazio di crescita, in particolare per le banche: le più grandi costrette a ripulire i bilanci in vista del passaggio alla vigilanza della Bce sono dei bocconcini e i fondi americani hanno già comprato una posizione primaria nelle prime tre. Qui la cuccagna potrà durare ancora parecchi mesi prima di raggiungere l’allineamento dei valori a quelli della media tra comparabili. Poi gli andamenti dipenderanno dal ciclo borsistico globale e dal ritmo di ripresa nazionale. Qui il punto: cosa bisogna fare affinché il mercato internazionale che ha riscoperto l’Italia, al netto delle speculazioni a breve, mantenga ed estenda gli investimenti nella nostra economia? Man mano che lo spazio di rendimento dovuto alla sottovalutazione precedente verrà saturato sarà sempre più importante lo spazio di profitto futuro generato da una buona governance competitiva nazionale. Per essere chiari, in estate i flussi di capitale internazionali decideranno se puntare ancora sull’Italia o andarsene in base a ciò che l’Italia stessa saprà fare per attrarli. Potrei finire comodamente l’articolo facendo la lista delle misure ottimali: cento miliardi di spesa e tasse in meno per portare quelle sulle aziende a non più del 20%, come nel Regno Unito; certezza del diritto, de-burocratizzazione, ecc. Ma non è pensabile che un governo di sinistra, pur energico a parole, riesca a fare vere riforme del genere. Quindi pensiamo a cose realistiche, fattibili a breve. In questa lista minima ci sono: (1) il contenimento dei movimenti anti-euro che se si rafforzassero farebbero scappare gli investimenti esteri; (2) l’abolizione del redditometro come strumento pubblico (può restare strumento riservato di polizia) perché produce un effetto terroristico sproporzionato che deprime i consumi e alimenta la previsione di ripresa lenta del mercato interno, penalizzando i valori delle imprese che vi dipendono; (3) la rimozione del divieto di estrarre petrolio e gas nel territorio italiano, quasi un Kuwait, allo scopo di far prevedere al mercato che nel futuro i costi energetici saranno minori e che vi saranno megaproventi non-fiscali per le casse statali utili per ridurre il debito e fare investimenti di modernizzazione; (4) spingere con più forza la Ue per la firma dell’accordo di libero scambio con l’America (TTIP) che porta una profezia di grande vantaggio prospettico per l’Italia. Anche un governo di sinistra, con il contributo di una destra pragmatica, potrebbe fare queste poche e semplici cose: se le farà sarà possibile convincere una sufficiente parte di capitale estero a restare ed a diffondersi fino alle piccole-medie imprese. Bingo.