Probabilmente 1/4 della disoccupazione corrente è causato da norme troppo rigide e costose sul lavoro e non dalla situazione contingente di mercato. Tale ipotesi è stata formulata da un gruppo di ricercatori che si è rivolto a quello da me coordinato per iniziarne le verifiche con un metodo di simulazione “se, allora”. Il punto: gli andamenti economici correnti, pur di ripresa poca e lenta, implicano comunque un aumento potenziale della domanda di lavoro da parte delle imprese, ma i vincoli e costi della normativa non stanno trasformando tale potenziale in realtà. “Se” le norme fossero più flessibili, “allora” le assunzioni sarebbero di più. Di quanto? Difficile stimarlo con precisione per la difficoltà di separare nettamente disoccupazione “da ciclo” e da “disincentivo”, ma mi sento di confermare che l’ipotesi sia fondata e meritevole di approfondimenti nonché di considerazione politica. Già è ben noto che in Italia la rigidità ed i costi generati dalla normativa sul lavoro ne riducono i volumi oltre che produrre un effetto depressivo costante e sistemico su crescita e competitività industriale. E’ anche ben documentabile che le varianti introdotte dalla legge Fornero-Monti (2012) abbiano avuto la conseguenza di rendere più difficile l’accesso al lavoro, motivo dell’incremento a picco della disoccupazione giovanile. In teoria, bisognerebbe prendere atto della non volontà della politica di facilitare il lavoro. Ma il vedere nei dati, pur nebbiosamente, che con semplici modifiche legislative e senza costi si potrebbe ridurre velocemente la disoccupazione dal 12,5% ad un 9% circa, francamente, obbliga a segnalare tale possibilità e ad insistere. L’Italia non ha voluto reagire alla crisi occupazionale con provvedimenti d’emergenza temporanei “in deroga”, lasciando inalterato il modello del lavoro ipergarantito e non incentivante per il datore con la motivazione di voler evitare il precariato di massa, ma così aumentando, oltre che i costi assistenziali, l’intensità della crisi stessa. La Spagna, pur solo recentemente, ha creato norme d’emergenza per facilitare le assunzioni e i dati mostrano che funzionano. In sintesi, il solo rendere flessibili le norme permette miglioramenti rapidi sul fronte della disoccupazione. Sarà possibile con una maggioranza di sinistra densa di post-comunisti e macchiata a “leoparda” da nuovo personale politico troppo vago per pragmatizzare la sinistra stessa ed i sindacati conservatori che al rischio di flessibilizzare le norme sul lavoro preferiscono quello di creare più disoccupazione? Dubito, ma dobbiamo tentare di tutto per salvare chi è nei guai, suggerendo uno schema temporaneo digeribile dai sinistri. Per esempio: (a) per 5 anni tutti i giovani fino al trentesimo anno di età possono siglare contratti di lavoro semplificati liberi che non prevedono contributi previdenziali né tassazione alla fonte, cioè concordano un compenso con il datore e si dichiarano disponibili ad essere licenziati con lettera semplice e senza oneri e vincoli per il datore stesso (se non il rispetto dei diritti basici di sicurezza e dignità), incassano i soldi convenuti e poi ci pensano loro a pagare le tasse e contributi (minimizzati); (b) Lo stesso per persone oltre i 60 anni e non ancora pensionate; (c) per i pensionati, facoltà di accendere contratti di lavoro simili, ma con una tassazione che tenga conto del cumulo dei redditi, ma senza contributi previdenziali; (d) per 3 anni, “contratti di reinserimento” per soggetti o già licenziati o in cassa integrazione, a tempo pieno o parziale, senza tasse in busta paga (recuperabili sospendendo i sussidi pubblici), ma con il carico dei contributi previdenziali (dimezzati) con l’opzione di licenziabilità senza oneri. Dopo il periodo in deroga, un soggetto dovrà rientrare entro qualche contratto di lavoro tipico, con l’eccezione degli ultrasessantenni o di qualche area territoriale dove persistono condizioni di crisi. Nella situazione corrente di ripresa pur modesta tali misure hanno una elevata probabilità di ridurre rapidamente il tasso di disoccupazione di almeno 3 punti percentuali nonché di attutire il disagio per giovani e anziani. A sinistra potrebbero accettare, rifinendolo, un tale regime in deroga temporanea: non distruggerebbe il loro giocattolo socialistoide, ma ne attutirebbe gli effetti nefasti in un momento di crisi, accelerando la ripresa. Neanche cito soluzioni liberiste strutturali più efficaci perché manca in Italia una parte politica che le rappresenti. Facciamo il possibile, pragmaticamente e non ideologicamente, ma presto.