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Carlo Pelanda: 2013-9-27Libero

2013-9-27

27/9/2013

L’utilità di una convergenza Roma-Berlino

Germania ed Italia hanno rilevanti interessi in comune. Il risultato elettorale nella prima ha confermato che Berlino perseguirà strategie pragmatiche e non si inclinerà verso posizioni irrazionali che fino a poco fa si temeva emergessero. Ora si può dialogare. L’Italia è in un caos politico e quindi non è nelle condizioni di concepire uno scambio di vantaggi con la Germania. Ma le due nazioni hanno bisogno l’una dell’altra. Ciò suggerisce di impostare comunque il concetto per una nuova relazione strategica bilaterale. Il principale interesse comune è quello di accelerare l’accordo di libero scambio tra UE e Stati Uniti, superando le resistenze protezionistiche della Francia. In base alle simulazioni, la fluidificazione degli scambi tra Europa ed America, quando a regime, varrà tra i 120 ed i 150 miliardi all’anno in più di Pil per gli europei e dai 90 ai 110 per l’America. Ma in prospettiva le cifre potenziali sono più grandi. L’integrazione tra Nafta (area di libero scambio tra America, Canada e Messico) più l’Eurozona e dintorni, con l’aggiunta degli accordi incrociati di libero scambio, in atto, tra Giappone e Corea del Sud e sia America sia Europa, porterebbe alla creazione della più grande area di mercato del pianeta, con la capacità di moltiplicare la ricchezza delle nazioni partecipanti in modi ora impossibili. Il punto: nelle simulazioni il maggior vantaggio economico lo avrebbero Italia e Germania, in quanto seconda e prima potenza manifatturiera in Europa nonché quinta e terza nel mondo, in un contesto benefico per tutti. La cooperazione bilaterale rafforzata tra Berlino e Roma sarebbe un formidabile acceleratore. Merkel, spingendo la Ue, persegue dal gennaio 2007 un tale progetto. L’America anche lo vuole per motivi di crescita sua, ma, soprattutto, per evitare che la Cina si prenda l’Europa impedendo così all’America di poter contenere e sovrastare Pechino, forzando anche la riluttante Mosca neo-imperiale a ricollocarsi nell’area occidentale. Per inciso, la Germania ha come principale cliente Pechino ed il fatto che persegua l’accordo transatlantico implica che abbia capito il pericolo di un eccessiva dipendenza della sua industria dai destini interni (probabile implosione nel futuro) ed esterni (aggressività) della Cina. In tale scenario missione e significato dell’Europa saranno più esterni e meno interni: integrazione solo sufficiente per poter essere pilastro regionale di un nuovo e più ampio sistema internazionale. Ciò rende obsoleto, e provinciale, l’europeismo e richiede una configurazione dell’Europa come alleanza tra nazioni sovrane e convergenti sul piano economico e non come confederazione. La Germania persegue tale obiettivo, ma ci sono due problemi: (a) l’Eurozona richiede compattazione sovranazionale; (b) la Francia, che concepisce l’Europa come un moltiplicatore della forza nazionale, vuole una UE più strutturata per vincolare la Germania e costringerla a condividere il potere. Pertanto Berlino ha bisogno di Roma per trovare una compattazione dell’Eurozona che non implichi una confederalizzazione e per rendere l’Europa un’area di libero scambio, pur molto organizzata, e non un’Unione politica (stessa idea di Londra). L’interesse storico dell’Italia è quello di avere un’Europa politica per imbrigliare i poteri più forti entro istituzioni comuni. Ma la Confederazione europea non ci sarà mai. Quindi è nostro interesse variare la strategia: convergere con Berlino e chiedere in cambio un vantaggio. Quale? A parte l’interesse comune nello scenario transatalantico detto sopra, salvifico, una posizione più comoda per Roma nell’euro pur nell’ambito del criterio tedesco che impone ad ogni nazione l’aderenza a parametri di ordine senza assistenzialismi o condivisioni delle passività. Il problema è che la consistenza politica italiana è insufficiente per avviare la trattativa. Ma se si formasse un nuovo centrodestra meglio convergente con la Cdu-Csu tedesca, i due partiti popolari nazionali avrebbero la maggioranza di quello europeo, a sua volta maggioritario nelle istituzioni europee e quindi capace di spingerle verso il nuovo scenario post-europeista oltre che a rafforzare per similarità la convergenza bilaterale anche a tutela di una rapporto alla pari tra due sovranità. Torna la storia? Solo in apparenza perché questa volta dobbiamo fare una cosa insieme alla Germania con l’America e non contro.

(c) 2013 Carlo Pelanda
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