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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2003-5-6il Giornale

2003-5-6

6/5/2003

Il giudizio degli elettori

Versione originale poi accorciata in fase di stampa (7-5-2003)

E' arrivato il momento di chiarire alle sinistre che sperano nel golpe giudiziario ed a quella piccola, ma velenosa, parte della magistratura che ne è lo strumento guerrigliero, cosa sia il "fenomeno Berlusconi" per il suo elettorato. In particolare, per il nocciolo popoloproduttivista – le bandiere blu - che penso di rappresentare con le mie opinioni. Questo ha deciso di sostenere fino in fondo Berlusconi non per amore, pur stimandone il coraggio ed il "fattismo", o perché preda di lirismo carismatico o ipnosi indotta dallo stregone mediatico di Arcore, ma perché – piattamente e sostanzialmente - ne rappresenta gli interessi vitali in una situazione dove per realizzarli bisogna cambiare quasi tutto in Italia. Quindi un golpe o azione oppositiva fuori dalle regole contro di lui (o eventuale connessione tra golpisti nazionali ed europei interessati ad addomesticarci o depotenziarci, come successe nel 1994) sarebbe un atto di guerra contro i popoloproduttivisti. E per farlo capire meglio è utile ricapitolare perché Berlusconi abbia avuto e continui ad avere tanto consenso. Ascoltate, sinistri e magistrati che sospettiamo con intenti golpisti.

Berlusconi lo abbiamo già assolto noi con il voto del 2001. Un voto meditatissimo, e non emotivo, da parte di molti. Non dentro i partiti, aborriti dai popoloproduttivisti. Ma dentro le case, nelle cene tra amici, a margine degli incontri di lavoro, nel tam tam della strada. Qual era il criterio di valutazione? Pratico, anni luce lontano dal politichese. Chi viveva di mercato – artigiani, piccoli e medi imprenditori, professionisti, ecc. – non ce la faceva più. O qualcuno, si diceva, cambia le cose (liberalizza, detassa, riqualifica e modernizza) o i nostri patrimoni ed investimenti andranno in fumo, speranze e vita, in pochi anni. Avevano, anzi, avevamo – perché oltre che docente sono imprenditore anch’io – ben chiaro il problema che stavamo per mandare al potere un imputato. Ma i tempi per trovare, eventualmente, un altro leader con capacità equivalenti non c’erano. L’alternativa di sinistra era la morte certa. Inoltre Berlusconi appariva del tutto credibile nella sua promessa riformatrice. Non perché lo pensassimo particolarmente angelico o trascendente, ma perché appariva sufficientemente ambizioso per voler entrare nella storia e, quindi, fare bene le cose per meritarselo. In particolare, la sua personalità piuttosto forte, talvolta ai limiti dell’autocrate, prendeva un profilo positivo nelle contingenze: le istituzioni italiane sono state disegnate in modo orizzontale, con lo scopo - comprensibile nel 1947-48, ma di effetto devastante nel 2000 - di non dare ad alcuno un vero potere di governo. Poiché era improbabile un ridisegno costituzionale a breve non c’era altro modo di verticalizzare l’azione esecutiva se non concentrando la forza politica in una persona capace di usarla. In caso contrario nessuna riforma sarebbe stata possibile data la prevalenza dei veti incrociati. Discutibile? Certo, sul piano astratto, ma sacrosanto realismo su quello pratico. Ricordo molte occasioni in cui si esaminò anche il profilo legale di Berlusconi. Francamente, era troppo evidente la natura strumentale delle imputazioni. Inoltre non è mai stato accusato di reati nel suo agire politico dopo il 1994. Ed è stata scelta consapevole che il far vincere Berlusconi avrebbe avuto il significato di bilanciare lo strapotere della magistratura che era straripata. L’abbiamo fatto anche per questo, noi elettori depositari del giusto rapporto tra sostanza e forma delle leggi in base al nostro buon senso pratico, contro la parte malsana della magistratura. Ne prenda atto la Corte costituzionale.

Certo, l’azione più convincente di Berlusconi è stata quella di proporre un chiaro contratto per i nostri interessi. Ma vorrei ricordare che gli interessi sono il fondamento di una democrazia. Un mio studente, americano, testimone di una di queste cene di discussione tirò fuori un paragone che vorrei i sinistri capissero fino in fondo: "ehi, cittadini, queste riunioni sono simili a quelli dei borghesi americani quando decisero di non pagare più tasse agli inglesi sfruttatori e combatterli, e nacquero gli Stati Uniti". Infatti siamo una borghesia rivoluzionaria, il partito dei piccoli e medi proprietari, gente che più pacifica non si può, ma che non ci pensa neanche un minuto a contrastare con la dovuta forza chiunque danneggi i suoi interessi vitali. Poiché Berlusconi è ancora il nostro campione in quanto pensiamo che nella seconda parte della legislatura riuscirà a fare quello – nostro interesse vitale - su cui è stato in ritardo nella prima, ora ci interessa perfino di più che operi come leader pieno e non dimezzato. Ed è per questo interesse che lo difenderemo contro qualsiasi golpe e ne sosterremo l’azione pur avendo lista chiara dei tanti tratti discutibili, personali e politici, che lo caratterizzano. Sia chiaro, sinistri e magistrati collegati, cosa avreste contro se perseguiste il sabotaggio fuori dalle regole della normale opposizione, i primi, e della legge, i secondi: la borghesia produttiva che regge l’economia del Paese capace di essere rivoluzionaria se serve. Non siamo fanatici idioti. Siamo gente pratica, buonsensista, che ama la libertà ed ha interesse vitale che quella economica sia massima: per questo il popolo produttivo, milioni, difenderà Berlusconi fino a che, e se, lo meriterà. Al momento se lo merita, le nostre bandiere blu di nuovo srotolate, a presidio.

(c) 2003 Carlo Pelanda
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