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Carlo A. Pelanda
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Libero

2011-8-16

16/8/2011

Serve un Fondo sovrano per combinare rigore e sviluppo

Poniamo che in autunno l’Italia arrivi in qualche modo a mettere in Costituzione l’obbligo al pareggio di bilancio entro il 2013 e il governo a far passare una politica di bilancio corrispondente. Pur tra i dissensi questa azione dovrebbe riuscire in quanto condizione essenziale per calmierare il costo di rifinanziamento del debito ed evitare che il suo aumento avvii una spirale verso l’insolvenza, nel frattempo decapitalizzando la Borsa, mettendo in crisi il sistema bancario e, conseguentemente, le imprese. Se il binario del rigore appare tracciato, non sembra altrettanto definito quello dello sviluppo. Questo è di pari rilevanza in quanto il rigore senza crescita alla fine annulla il primo. Per esempio, una stagnazione o recessione anche indotta dall’impatto deflazionistico del rigore, ridurrebbe il gettito fiscale e costringerebbe a nuovi tagli o aumenti di tasse per rispettare il vincolo al deficit zero, innescando una decrescita che comunque toglierebbe nuovamente fiducia al debito. Correttamente, il governo ha messo su carta delle misure stimolative in parallelo a quelle di taglio della spesa. Ma, appunto, non paiono sufficienti e su queste bisognerà lavorare di più.

Il punto è che la stimolazione alla crescita, che riempie di forza propulsiva la liberalizzazione, ma che anche senza liberalizzazioni fa comunque effetto, è la riduzione delle tasse. Ora questa appare impossibile perché in conflitto con il pareggio di bilancio. Si tratta di creare uno strumento che renda possibile trovare uno spazio di bilancio per la detassazione pur nel vincolo del deficit zero. Si può? Certo. Lo ho già accennato in precedenza. Si tratta di creare il Fondo sovrano italiano, a gestione tecnica sotto il controllo del governo. A questo vanno conferiti beni pubblici di varia natura, dagli immobili, alle partecipazioni azionarie, alle concessioni. Il Fondo non deve venderli tutti e subito. Alcuni li venderà quando e se conviene, altri li valorizzerà. Ma userà tutti questi beni, periziati in modo realistico, come garanzia per emettere obbligazioni. Queste potranno avere la tripla AAA e quindi raccogliere denaro ad un costo inferiore di quello dello Stato italiano che ha un rating inferiore. Con questo denaro potrà comprare titoli di debito italiano nelle aste di rifinanziamento. Una parte di queste titoli potrà essere cancellata perché ripagata in cassa dai proventi delle vendite. Di quanti soldi parliamo? Il Fondo può essere caricato di almeno 500 miliardi di valori periziati di patrimonio pubblico disponibile, in un anno. Ciò significa che a fine 2012 l’Italia potrebbe avere uno strumento che le darebbe i seguenti vantaggi: (a) calmieramento del costo di rifinanziamento del debito via interventi sovrani senza necessità di aiuti Bce o del Fondo Ue “salvastati”; (b) contribuire al sostegno europeo dei debiti nazionali a rischio senza impegnare il bilancio, ma usando il Fondo sovrano; (c) riduzione della spesa annua per interessi sia per abbattimento di una parte del debito sia per la maggiore affidabilità di quello restante; (d) un certo monte risorse per investimenti pubblici, per esempio infrastrutture, fatti dal Fondo, senza impegnare il bilancio statale; (e) ed infine la possibilità di scaricare, nel biennio 2013-14, il bilancio pubblico, attraverso le azioni dette, di almeno 30 miliardi di costi strutturali, in particolare di interessi annuali del debito. Per essere prudenti. Tale spazio di bilancio, circa 2 punti di Pil, potrebbe essere usato per ridurre le tasse su famiglie e imprese con effetto non massimo, ma di buona leva stimolativa. In tal modo si potranno abbasare le tasse ed allo stesso tempo mantenere il pareggio di bilancio, con il beneficio di compensare la deflazione da rigore con un rilancio della crescita via più consumi e investimenti. Prego Belpietro ed il team economico di Libero di sostenere questa proposta attivando uno studio di fattibilità dove vederne il dettaglio.

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