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Carlo A. Pelanda
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2016-8-22

22/8/2016

L’eurogidità destabilizza l’Italia

I modelli dell’Ue e dell’Eurozona hanno due gravi difetti che penalizzano particolarmente l’Italia. La cessione della sovranità economica, moneta e bilancio, a un ente europeo non è bilanciata da un ritorno della sovranità stessa, rielaborata in modo eurocompatibile, in base alle specificità di una nazione. I modelli non prevedono situazioni d’emergenza economica, cioè procedure che temporaneamente sospendano le regole normali per operazioni di gestione delle crisi. In realtà, un po’ di flessibilità c’è, ma insufficiente. Per esempio, la Bce ha dovuto aspettare l’evidenza della deflazione per attivare un programma straordinario di acquisto degli eurodebiti - di norma vietato, ma in casi d’inflazione sotto il 2% non formalmente impedito – per reflazionare il sistema. Ha potuto agire, cioè, solo dopo l’impatto di una crisi mentre più di un anno prima era già chiara nelle proiezioni. La combinazione di questi due difetti di rigidità, nelle contingenze, è il motivo di fondo per cui la riparazione del sistema bancario italiano è lenta ed incerta e genera nel mercato finanziario globale una percezione di rischio crescente di instabilità dell’Italia, visibile nella depressione dei titoli azionari bancari che traina al ribasso tutta la Borsa e destabilizza il nostro sistema finanziario complessivo. Questa crisi sarebbe facilmente evitabile se lo Stato potesse attivare un fondo speciale attorno ai 40 miliardi per interventi temporanei nel capitale delle banche, dove serve, e come garanzia per la vendita veloce di pacchetti di crediti deteriorati o incerti che minano i bilanci degli istituti. Il mercato globale vedrebbe che c’è un garante sovrano e non speculerebbe al ribasso o tornebbe a investire per approfittare dello sconto. L’Ue, invece, ha vietato tale azione d’emergenza. Così la riparazione deve avvenire con una formula privata, consistente ma sospettabile di essere insufficiente. In sintesi, la rigidità dell’euromodello impedisce all’Italia di usare le leve più tipiche della politica economica per gestire le crisi. Poiché l’Italia ha bisogno di molteplici riparazioni, per esempio detassazione stimolativa e investimenti pubblici per più crescita con ricorso a un deficit temporaneo di bilancio, e l’Ue non le permette di utilizzare gli strumenti adeguati, il mercato finanziario globale sta scontando una possibile destabilizzazione dell’Italia. In questa situazione il governo non può continuare a essere euroconformista e dovrebbe perseguire un maggiore spazio per azioni sovrane di riparazione economica, con le buone, ma anche con le cattive.

(c) 2016 Carlo Pelanda
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