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Carlo A. Pelanda
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L'%20Arena

2016-5-30

30/5/2016

Un compromesso per aumentare la crescita

Le previsioni indicano una crescita del Pil poco sopra l’1% per il 2016 e 2017. Il governo sembra non preoccuparsi di questa ripresa lentissima, quasi stagnazione. Forse pensa che nel 2017 la domanda globale si riprenderà, favorendo l’export ora in calo, e che le misure di detassazione e di facilitazione degli investimenti allo studio potranno dare maggiore impulso alla crescita. E probabilmente ritiene che tagli molto forti alla spesa pubblica per finanziare riduzione più rapide e incisive delle tasse nonché riallocazioni della spesa verso più investimenti infrastrutturali, comportino, nel breve termine, un impatto deflazionistico che peggiorerebbe la situazione. Infatti, il governo sembra voler finanziare la minima riduzione delle tasse su imprese e famiglie che ha promesso sia in deficit sia alzando la tassazione da altre parti. In sintesi, la linea di politica economica appare orientata dal criterio di mantenere il modello fiscale come è, solo aggiustandolo un po’ e conquistando più flessibilità nei vincoli europei. Tuttavia, se si prova a simulare l’effetto di tale linea conservativa sulla crescita nel triennio 2017-19 si trova, nel migliore dei casi, un incremento medio del Pil annuale sotto l’1,5%, senza riduzioni sostanziali del debito e, soprattutto, con un riassorbimento lentissimo della disoccupazione ora ancora sopra il 10%. Da un lato, il governo si accontenta della crescita minima perché nel breve non cambia in peggio la vita di circa il 65% degli italiani, permettendogli di sperare in un ampio consenso. Dall’altro, nel medio termine, un’area sempre più ampia di popolazione e di territori è a rischio d’impoverimento. La soluzione tecnica c’è: tagliare più spesa e tasse, riallocando la prima più su nuovi investimenti e meno per pagare apparati e vendere più patrimonio pubblico per ridurre il debito. Con tale formula l’Italia crescerebbe oltre il 3% dal 2017 in poi, per qualche anno, risanando tutto il sistema. Ma se il governo la applicasse ora, perderebbe le prossime elezioni politiche perché colpirebbe troppe posizioni di rendita e quindi non lo farà. Soluzioni? Si potrebbero migliorare alcune situazioni nell’ambito della politica economica insufficiente per avvicinare di più il 2% di crescita: riparazione più veloce del sistema bancario, detassazione totale degli investimenti privati nell’economia reale, applicazione più determinata dei salari variabili definiti dai contratti aziendali come proposto da Confindustria, ecc. Cioè dare più spazio al libero mercato pur entro il modello statalista. Almeno si faccia questo compromesso.

(c) 2016 Carlo Pelanda
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