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Carlo A. Pelanda
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2015-10-26

26/10/2015

Lo stimolo monetario va integrato con quello politico

Nell’Eurozona la ripresa è poca e lenta e i dati più recenti segnalano che nel 2016 potrebbe peggiorare. Il problema è che la domanda globale di esportazioni sta decrescendo e che la crescita dei mercati interni è stagnante. Di fronte a questo possibile scenario la Bce ha voluto mostrare di essere pronta ad aumentare l’immissione di liquidità nel sistema e a forzarne gli impieghi nelle attività produttive. In caso, la mossa, resa possibile dal fatto che la Bce deve perseguire un obiettivo d’inflazione vicino al 2% annuo mentre ora è sotto l’1%, avrebbe effetti positivi e sufficienti o no? Il cambio dell’euro scenderebbe favorendo l’export, le banche potrebbero vendere più titoli di Stato e ottenere più liquidità per dare credito, il rifinanziamento dei debiti statali costerebbe di meno perché il fatto che la Bce li acquisiti ne riduce il rischio, cosa di massimo vantaggio per l’Italia, le Borse sarebbero sostenute da una pompa di liquidità. Ma, pur positivi, tali effetti potrebbero essere insufficienti. Le altre Banche centrali potrebbero rispondere alla svalutazione dell’euro contro-svalutando o, come sta facendo l’americana Fed, rinviando il rialzo dei tassi. Inoltre, il calo della domanda globale, dovuto a crisi sostanziali nelle nazioni che importano beni eurodenominati, annullerebbe una parte della competitività valutaria. Se i mercati interni europei, poi, non fossero sollecitati da stimoli sia concreti, per esempio detassazione, sia psicologici, cioè una più forte fiducia nella ripresa e in nuova occupazione che trasferisce più risparmio ai consumi, la domanda di credito resterebbe bassa, anche se aumentasse l’offerta. In sintesi, la sola postura iperespansiva della Bce, pur chiave, non basterà, con il rischio di creare una bolla finanziaria. Per ottenere vera crescita i governi europei dovrebbero detassare di più e/o finanziare megainvestimenti. Non solo, dovrebbero collaborare per una politica estera che aiuti l’export in affanno. La Cina in decrescita resterà un mercato importante, ma non più trainante. Quindi l’Ue, in particolare Germania e Italia più dipendenti dall’export, dovrebbero agire per chiudere il contenzioso con la Russia e accelerare il negoziato per la formazione di un mercato integrato euroamericano (TTIP) ora in corso di negoziato, ma troppo lento, e nella trattativa inserire un accordo per mantenere equilibrato il cambio euro-dollaro. In conclusione, servono un accesso più fluido ai mercati americano e russo e più stimoli fiscali interni, non il mantenimento del rigore, per dare effetti reali all’azione espansiva della Bce.

(c) 2015 Carlo Pelanda
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