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Carlo A. Pelanda
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2008-7-28

28/7/2008

La sconcertante passività del governo di fronte alla recessione

In Germania il governo si pone il problema di come attutire la tendenza recessiva in atto, in Italia manco se ne discute. Il tema è quello della “reattività” della politica economica alle situazioni contingenti. Fa impressione osservare come in Italia sia nulla ed in Germania - dal cui livello di crescita dipende buona parte della nostra per la connessione stretta tra i due mercati – controversa. Perché?

Sfondo. La priorità assoluta è quella di ridurre l’inflazione da costo, cioè l’aumento dei prezzi indotto dal rialzo di petrolio e gas. E di riuscirci prima che si inneschi una rincorsa salari/prezzi che renderebbe sistemica, quindi catastrofica, l’inflazione stessa.   Per riuscirci ci sono due strade. O prendere il controllo politico del mercato globale del petrolio evitando che i cartelli dei produttori gonfino i prezzi oltre misura oppure mandare in recessione l’economia dei Paesi importatori, America ed Europa, e in tal modo ridurre almeno in parte la domanda complessiva di petrolio facendone implodere i prezzi, dando un segnale dissuasivo ai produttori stessi che se esagerano si impoveriscono anche loro. L’Occidente non ha la forza per la prima opzione e deve praticare/accettare la seconda. Il punto: per la priorità disinflazionistica i governi europei, senza dirlo apertamente per non suscitare dissensi popolari, hanno deciso di non contrastare con stimolazioni espansive la tendenza recessiva. E ciò è comprensibile. Ma la recessione può essere calibrata. I governi non possono determinare le tendenze economiche globali, ma hanno comunque  un piccolo spazio di manovra – più ampio in America e meno nell’eurozona - per tentare di bilanciare recessione disinflazionistica e suo impatto sull’economia reale. Un cittadino, in tale situazione, si aspetta dal suo governo il massimo sforzo per trovare la miglior formula contingente di politica economica, ovvero la “giusta reattività”. Ma questo non sta succedendo in Europa. Perché? Nel problema di bilanciamento tra disinflazione e crescita si inserisce l’europriorità di mantenere i bilanci pubblici verso la tendenza al pareggio (obiettivo per il 2011). Ciò significa che non si può mettere a rischio il gettito attivando stimolazioni fiscali (più soldi per consumi grazie a tasse minori). Ma, pur rigida, la spesa pubblica è modulabile in piccola parte tagliandola e così facendo spazio a detassazioni utili a mantenere il Pil sopra lo zero. Quanto? In Germania, il ministro dell’economia (Michael Glos) ha proposto una stimolazione urgente di 10 miliardi, circa mezzo punto di Pil, per prevenire il peggioramento recessivo nel 2009. Il ministro delle finanze (Peer Steinbruck) ha risposto picche. Il braccio di ferro si è concluso con l’accordo che si valuti la situazione a settembre. Quindi in Germania almeno se ne parlerà. In Italia non se ne parla e la politica economica non ha in agenda, al momento, nemmeno una riflessione su come governare la contingenza recessiva, modulandola. Ciò è sconcertante. Criticai il governo Prodi proprio per la dannosa mancanza di reattività e per onestà devo proporre la medesima critica a Tremonti (ma Berlusconi dove è?). Cambiano i governi, ma non le politiche e queste tendono ad impoverire oltre il necessario la gente. Sarebbe, infatti, facile una detassazione di 8 miliardi, 0,5% del Pil circa, per dare un po’ di capacità di spesa alle famiglie senza alzare l’inflazione. Il governo manco ne parla e, senza arroganza, c’è il motivo per chiedersi se ci sia qualcuno al governo che sappia fare politica economica di reattività.    

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