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Carlo A. Pelanda
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2006-10-9

9/10/2006

Il costo del denaro resta troppo alto

Ci sono quattro fonti di pericolo per l’economia italiana: (a) una “finanziaria” che allochi male le risorse e per questo induca bassa crescita e problemi nei conti pubblici per il 2007; (b) un aumento eccessivo del costo del denaro, da parte della Bce, che implicitamente alzi il valore di cambio dell’euro penalizzando le esportazioni e, direttamente, aumenti la spesa privata e statale per pagare gli interessi di mutui e debito; (c) un declassamento della credibilità del debito pubblico da parte delle agenzie di valutazione (rating) che aumenterebbe il costo degli interessi relativi il debito stesso per incremento del suo rischio; (d) un rallentamento della crescita globale che ridurrebbe il traino esterno dell’economia europea e, con doppio danno, italiana. In questi giorni il rischio su tutti i quattro livelli citati sta aumentando.

L’impostazione della legge finanziaria in preparazione è evidentemente sbagliata in relazione al criterio di stimolare la crescita. Tale errore mantiene elevato il rischio di declassamento del debito nonostante l’impegno del governo a contener il deficit annuo. Al riguardo della crescita globale le previsioni di rallentamento sono confermate, anche se incerta l’entità. Sul piano del - cruciale - aumento del costo del denaro ci sono notizie sia buone sia cattive che è utile analizzare per vedere quanto, e se, peggioreranno lo scenario complessivo detto sopra. La cattiva notizia è che la Banca centrale europea, presieduta dal francese Trichet, ha aumentato giovedì scorso i tassi di riferimento portandoli dal 3% al 3,25 lasciando intendere che li aumenterà ancora il prossimo dicembre fino al 3,50. La spesa per interessi dei mutui a tasso variabile e quella del debito statale aumenteranno di conseguenza togliendo risorse ai consumi delle famiglie (tante) ed alla spesa pubblica. La crescita economica sarà pesantemente ridotta da tali misure, anche contando il maggior costo del credito per le imprese. Ma sarebbe devastante un aumento dei tassi fino al 3,75 o perfino 4% nel 2007 come le dichiarazioni della Bce sembravano non escludere fino a poco tempo fa. Qui c’è la buona notizia: è probabile che il costo del denaro resterà fermo al 3,50. La Bce, infatti, ha fatto capire che – finalmente, dopo che tanti analisti, compreso chi scrive, glielo hanno detto e ripetuto da mesi – sta registrando un rischio di caduta della crescita a livello globale ed una probabilità di minore inflazione prospettica. E ha fatto intendere che dopo dicembre resterà in una situazione di attesa per vedere cosa succederà. In sintesi, se ci saranno  guai, la Bce non vorrà peggiorarli. Bene. Ma se la Bce prevede un prossimo rallentamento economico sia per motivi esterni sia interni all’Europa (una stagnazione in Germania dovuta all’aumento dell’Iva che entrerà in vigore il 1° gennaio 2007) perché mai dovrebbe aumentare ancora i tassi il prossimo dicembre, facendo particolarmente male all’economia italiana? La risposta di Francoforte è che la crescita nel 2006, pur rallentando, è ancora robusta e quindi portatrice di inflazione da correggere con i rialzi dei tassi. Ma la Bce enfatizza anche che la politica monetaria deve intervenire molto in anticipo per mantenere la stabilità monetaria, cioè il giusto equilibrio tra costo del denaro e crescita. Per questo non si riesce a capire perché alzerà il costo del denaro a fine anno sapendo che all’inizio del prossimo potrebbe essere costretta a ridurlo. Sarebbe, invece, sensato bloccare il rialzo ora. La Bce pare muoversi costantemente in ritardo e tale sensazione attutisce la buona notizia.

(c) 2006 Carlo Pelanda
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