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Carlo A. Pelanda
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LaVerità

2017-5-9

9/5/2017

Perché la sinistra nasconde la verità

La crisi sta intaccando pericolosamente la struttura della società italiana perché gli ultimi tre governi, dal 2013, non hanno messo in atto reazioni adeguate. Tale dato è evidente, ma la sua gravità è attutita da comunicazioni governative e politiche che vogliono mostrare, invece, un miglioramento. In realtà tale miglioramento, calcolato a partire dal picco di crisi 2012-13 e non in base alle condizioni di salute del sistema, è definibile come stabilizzazione di un malato che resta in prognosi riservata. Perché questa verità non viene comunicata? La sinistra ha la priorità di difendere l’idea che il modello non abbia bisogno di modifiche radicali, ma che può funzionare con pochi aggiustamenti. La dichiarazione di emergenza nazionale perché si è instaurata una “società del regresso” impedirebbe la continuità di un modello che soddisfa l’elettorato con domanda di protezionismo sociale e sindacale, costringendo un governo a fare cambiamenti a favore dei disoccupati e del ceto produttivo che crea sostanzialmente la ricchezza, cioè una politica ben diversa da quella di sinistra. Questa è la causa principale delle informazioni incomplete e manipolate che attutiscono la gravità della situazione e sostengono l’idea illusoria di miglioramenti ottenibili senza cambiamenti sostanziali.
Esempi. Il governo ha comunicato recentemente i dati sull’occupazione come un miglioramento mentre questi indicano la sostanziale stagnazione del mercato del lavoro e proiettano un futuro prolungato di disoccupazione sia giovanile sia generale sopra il 10% e di tasso di occupazione almeno il 9% inferiore alla media europea. Per migliorare veramente tale situazione bisognerebbe tagliare di brutto spesa pubblica e tasse per dare impulso agli investimenti delle imprese, per aumentare la loro domanda di lavoro, e deregolamentare sostanzialmente il mercato del lavoro stesso per rendere più fluide le assunzioni. Ma i sindacati che proteggono solo gli occupati mobiliterebbero la piazza e chi gode di supergaranzie economiche li seguirebbe. Ovviamente un governo di sinistra non se la sente di rischiare una tale politica. Preferisce, come ha fatto il governo Renzi, finanziare in deficit un modello inefficiente di protezionismo sociale per non doverlo cambiare, generando compromessi pasticciati con i sindacati in materia di regole e incentivi per l’occupazione. Non deve stupire che l’impossibilità delle sinistre di fare ciò che servirebbe alla nazione poi genera la necessità di manipolare l’informazione per rendere positivo ciò che in realtà è una degenerazione.
Istruzione. L’Italia, dopo la Grecia, ha il minor numero di laureati in Europa. In generale, il livello educativo è inadeguato. Nella nuova economia trainata dalla tecnologia può accedere solo chi ha elevate competenze, la laurea e la specializzazione non più opzioni, ma requisiti. Se vogliamo ricostruire il capitalismo di massa in Italia dovremmo generare un programma straordinario di investimento educativo di scala tale da richiedere una modifica totale del modello di welfare: da un massimo di spesa redistributiva e per apparati ad un massimo di spesa per investimento educativo (formazione iniziale, rieducazione e formazione continua) minimizzando la prima. Bisognerebbe, cioè, spostare le garanzie economiche dirette dall’assistenzialismo generalizzato all’investimento su ogni individuo per renderlo competente nella nuova economia e generare una garanzia economica indiretta come forma liberalizzata del mercato che tipicamente promette più opportunità e quindi può assorbire più lavoratori. Un tale “welfare di investimento” è fantapolitica in Italia? In quella governata dalla sinistra certamente. Per questo vengono de-enfatizzati due dati spaventosi: a) la recessione della mobilità sociale ascendente, cioè quanti figli fanno un lavoro migliore dei padri; b) la stagnazione della produttività (il valore di un’ora di lavoro) mentre in tutto il mondo comparabile è aumentata.
In conclusione, la manipolazione informativa serve a nascondere lo stato pessimo della nazione per evitare che si formi una pressione maggioritaria a cambiare modello. Ma non è solo questo il problema. I cambiamenti necessari appartengono a una cultura liberalizzante dove il pensiero cardine è quello di usare i denari fiscali, pur minimizzando le tasse, per investimenti di interesse sistemico e non per spese inutili nonché di trasformare i deboli in forti invece che finanziare i primi per prenderne i voti. Possibile che un centrodestra italiano non riesca a compattarsi per convergere su un tale progetto di “welfare di investimento” in sostituzione di quello dissipativo presidiato dalla sinistra? Se lo facesse avrebbe a favore quella verità che le sinistre devono nascondere o manipolare.

(c) 2017 Carlo Pelanda
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