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Carlo A. Pelanda
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Libero

2014-7-13

13/7/2014

Argentina o Germania? Meglio un ordine antipatico che un disordine perenne

La maggioranza degli italiani tifa Argentina e ciò mi irrita. Non capisco perché io provi un’emozione in materia e perché proprio questa, ma la ho provata quando Libero mi ha chiesto di prendere posizione. Un parente, occasionalmente al telefono da un’Israele con cielo decorato da missili che si incrociano, questo un gioco veramente duro, suggerisce conoscendomi: perché non sopporti chi è shlemil (inadeguato). Aggiunge: oy vey, “miseriaccia”, ma non tiferai davvero per la Germania? Unmoglich (impossibile), rispondo in Tedesco. Contraddizione evidente, sono nei guai. Uscirne astenendosi? Quando c’è di mezzo il calcio giocato da nazionali, in un campionato mondiale per giunta, non ci si può astenere perché tale sport diviene simbolo, un’astrazione espansa che impatta sull’immagine di una nazione. E questa, poi, diventa un criterio nel mondo: la fantasia ha vinto contro l’ordine o viceversa. Il fenomeno è irrazionale, ma c’è. Pertanto tifare Argentina o Germania significa esprimere la preferenza per un modello. L’impossibilità di astenersi deriva dall’inevitabilità del coinvolgimento: (a) il calcio diventa simbolo perché fornisce alle comunità un’identità di bandiera semplificata, cioè comprensibile e condivisibile da tutti indipendentemente dai loro ruoli e status; (b) la simbolizzazione diviene immagine sintetica di una nazione e, conseguentemente, del modello da questa rappresentato; (c) il clima culturale così creato e diffuso dai media diviene un livello di realtà, irrilevante che corrisponda o meno alla “realtà reale”; (d) e come tale induce una elaborazione culturale, valutativa. In sintesi, va presa una posizione perché comunque la mente è stimolata a farlo e lo fa. Si può scegliere di stare zitti, cosa per me comoda nel caso. Ma è il dire e non il silenzio che rende parte di una comunità. Per queste considerazioni offro un mio kibitz, cioè un consiglio sul come la comunità italiana dovrebbe tifare. C’è da scegliere tra il disordine perenne dell’Argentina e l’ordine antipatico della Germania. Fino al 1946 l’Argentina era il paese più ricco e promettente del mondo. Poi la sua politica divenne populista e l’eccesso di assistenzialismo nonché di corruzione ne limitò il potenziale e portò la nazione al disastro economico. I tentativi di riprendere la giusta via trovarono sempre ostacoli in una politica inadeguata, fino all’insolvenza del debito nei primi anni del 2000 con danno importante per masse di risparmiatori globali, tra cui molti italiani. Ora è in dubbio, nonostante le recenti espressioni di quel governo, perfino la possibilità-volontà di ripagare la parte residua. In sintesi, l’Argentina offre al mondo l’immagine di una nazione con disordine irrisolto. Non voglio che la sua classe politica, inefficace e parolaia, sia premiata da una vittoria ai mondiali che ne rafforzerebbe il consenso. Così come non mi è dispiaciuta l’umiliazione totale del Brasile, che potrebbe essere locomotiva economica globale ed invece resta frenato dall’incompetenza dei suoi governi di sinistra populista. In questa valutazione certamente pesa il timore che l’Italia scivoli verso scenari argentini, avendo una malapolitica simile. Ma proprio questo è il punto: se c’è una nazione che deve mostrare di sapersi mettere all’opposto dell’Argentina questa è proprio l’Italia. Ciò non vuol dire che Renzi abbia sbagliato nell’offrire collaborazione politica all’Argentina in quanto una nuova insolvenza di Baires indurrebbe un contagio di sfiducia sul debito italiano, traballante per la poca crescita. Nemmeno vuol dire mancare di rispetto alla cultura nazionale argentina che ha un marcato rilievo storico né alla comunità di emigranti italiani lì residenti. Significa, semplicemente, saper scegliere tra la cosa facile e quella giusta. Il risultato della partita non verrà condizionato dal nostro tifo, ma verso chi lo indirizziamo è rilevante per riflettere su cosa vogliamo essere: una nazione inadeguata che si rifugia in tangherie per trasformare l’insuccesso in estetica oppure una comunità che persegue il successo attraverso un’organizzazione efficace ed efficiente. Va annotato che l’ordine alla tedesca è una variazione aberrante del requisito di disciplina e consistenza che rende un sistema sociale luogo di efficienza e progresso. Per questo mai potrò tifare per la Germania. Ma non è motivo sufficiente per tifare Argentina: meglio un ordine antipatico che un disordine perenne.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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