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Carlo A. Pelanda
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Libero

2014-4-27

27/4/2014

Verso una guerra civile da evitare

Lasciatemi approfondire il tema della repressione fiscale contro il “popolo del mercato”, particolarmente intensa dal 2011 in poi, e di cui ieri Libero ha dato agghiaccianti dettagli. Dobbiamo imputare i funzionari della polizia fiscale? No, prendono ordini e devono eseguirli. Dovremmo imputare chi questi ordini li da. Chi esattamente? Le norme votate dal Parlamento in materia di procedure fiscali lasciano uno spazio ampio alla regolazione attuativa da parte sia del governo sia degli apparati (Agenzia delle entrate e polizia fiscale). Quindi dobbiamo chiederci: c’è una decisione politica repressiva esplicita controllata dal Parlamento oppure la degenerazione è dovuta a decisioni sub-politiche prese in autonomia dai funzionari? In ogni caso è chiaro il problema: i cittadini italiani, ed in particolare il popolo del mercato, non sono ben tutelati dalla legge e dalle procedure nella loro relazione con il fisco. Ma per avviare la soluzione è importante capire se la correzione possa essere politica oppure sia necessario contrastare l’eccesso di potestà normativa ed operativa “di fatto” della burocrazia, in tal caso segnalando al Presidente della Repubblica che è in atto una violazione della democrazia e della legge, per ripristinarla anche con atto d’eccezione (revisione di tutto l’apparato normativo e procedurale fiscale per valutarne l’aderenza alla Costituzione). Io vedo un intreccio tra decisione politica ed eccesso di discrezionalità da parte degli apparati, ma con una caratteristica rilevante per l’imputazione: dal 2011 la politica in panico ha dato l’ordine generale di raccogliere più tasse nell’area di chi vive di impresa, pensandola densa di tesori, ma è il funzionariato sub-politico che lo ha trasformato in azioni terroristiche e repressive. Nel 2011 Ue e Bce imposero all’Italia di ridurre deficit e debito in modi d’emergenza. Due opzioni: supertassare il patrimonio/risparmio degli italiani o tagliare di brutto la spesa pubblica inutile. La politica cercò un compromesso, ma fu in grado solo di alzare le tasse perché si formò una sorta di “alleanza statalista” per contrastare il taglio alla spesa e perseguire il riequilibrio dei conti pubblici solo con più entrate fiscali. Tale alleanza fu ed è formata più da burocrati che da politici, con pezzi di sindacati nei dintorni. In sintesi, l’ipotesi è che i vertici della burocrazia abbiano forzato la politica a spostare tutto il peso del riequilibrio sul popolo del mercato per non toccare i privilegi di quello dello Stato. Ciò spiega alcuni fenomeni noti: la resistenza della Ragioneria dello Stato contro i tagli ed operazioni di impiego del patrimonio pubblico per ridurre il debito; la demonizzazione degli evasori da parte dell’Agenzia delle entrate, con lo stesso simbolismo usato dai nazisti contro gli ebrei; le incursioni fiscali in zone di villeggiatura scelte per dare l’idea che l’evasione è praticata da particolari soggetti, la dissuasione o omertà contro ogni tentativo di porre la questione della adeguatezza della spesa pubblica e della sua produttività, ecc. E secondo me ciò anche svela il motivo di fondo dei comportamenti anomali e repressivi che abbiamo letto ieri su Libero. In sintesi, gli apparati dello Stato hanno esercitato il terrorismo fiscale per giustificare la repressione utile a finanziare il mantenimento degli apparati stessi, forzando la mano alla politica ed usandone la debolezza nonché la sua dipendenza da essi. Controprova: pur silenziosamente, Saccomanni nel governo Letta ha operato sostituzioni nell’apparato per esserne meno ostacolato. Parlando occasionalmente di questa materia con alti funzionari ho avuto conferma sia dell’alleanza statalista detta sopra sia di una strategia intenzionale di demonizzazione e repressione della gente del mercato. Ho fatto loro notare che quando scrivo in materia di conflitto latente tra popoli del mercato e dello Stato imploro di risolverlo prima che si arrivi ad una guerra civile, per altro già iniziata nel Veneto in forma indipendentista, in realtà rivolta fiscale liberista e per questo repressa inizialmente con nervosa violenza. Ma questi mi hanno irriso, facendomi capire che l’eventuale guerra civile sarebbe vinta dal popolo dello Stato perché con truppe ben nutrite e tante (5,2milioni di stipendiati diretti ed indiretti) con il supporto, sussurrato in confidenza dissuasiva, della magistratura. Segnalo al Presidente della Repubblica che sarebbe saggio ed urgente ripristinare lo Stato di diritto prima che il vessato popolo del mercato lo faccia in proprio.

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