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Carlo A. Pelanda
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Libero

2013-4-16

16/4/2013

L’unione bancaria non piace alla Germania

E’ interesse nazionale italiano accelerare l’unione bancaria a livello di Eurozona. Tale unione significa sottoporre tutte le banche principali dell’area monetaria alla medesima vigilanza, svolta dalla Bce, e soprattutto, dare loro le medesime garanzie, fornite dalla Bce stessa. La rilevanza di questo progetto, spinto con forza da Draghi e oggetto di un recente eurosummit, potrebbe non essere immediatamente percepita. Ma sarebbe un notevole vantaggio per le nostre banche che scontano le conseguenze di una crisi di fiducia sull’Italia in termini di costi maggiori delle concorrenti europee sul piano della raccolta di capitali. Che poi si trasforma in maggior costo del credito a scapito della competitività delle nostre imprese, in particolare quelle esportatrici. Ho visto ricarichi tra il 7 e il 9% per imprese che dovevano competere sui mercati terzi con imprese tedesche sostenute da un costo del credito inferiore al 2%. Vigilanza e garanzia Bce, e non più solo nazionale, migliorerebbero questa situazione, anche se non immediatamente per la complessità dei fattori che la determinano. Poi c’è un aspetto poco noto sul piano della concorrenza tra banche nell’area europea. Le banche italiane sono da decenni regolate da Bankit in modi molto stringenti. Ciò non ha evitato e non evita anomalie nel nostro sistema, ma le ha minimizzate e ne tiene contenuto il numero mentre in altre euronazioni tali anomalie, spesso opacità ed azzardi eccessivi, sono stati e appaiono meno controllati. Non voglio gettare sospetti sulla regolazione altrui, ma tante volte ho visto banche non italiane dell’Eurozona offrire e fare operazioni che quelle italiane non potevano fare. E non perché primitive, come recita la leggenda metropolitana sul provincialismo bancario italiano, giustificato solo in alcuni casi, ma perché dovevano rispettare vincoli regolamentari stretti che altre non avevano dal loro regolatore. Per esempio, se una banca riesce ad operare con leve (debito) 1 a 30 ed una deve fermarsi a 9, per dire, è evidente che la seconda è meno competitiva nel mercato dei prodotti finanziari evoluti. Poi succede che con leve di tale entità al primo guaio tali banche azzardose vanno a fondo e lo Stato deve ricapitalizzarle, come successo a francesi, belghe e tedesche nonché spagnole ed altre. Ma dopo il salvataggio stanno praticando nuovamente l’azzardo perché non ben regolato. In sintesi, una regolazione paneuropea è un vantaggio per le banche italiane perché già molto controllate (perfino troppo). Non parliamo poi del segreto bancario: perché le banche austriache e lussemburghesi possono utilizzarlo e quelle italiane no pur tutti nell’euro? In realtà tali nazioni stanno mollando il segreto, ma ci sono molti modi per mantenerlo di fatto. Per una garanzia di uguaglianza nella concorrenza, in questo caso sul piano della raccolta del denaro, ci vuole, appunto, una regolazione centralizzata a standard unico. Al sistema bancario italiano conviene, ma a quello tedesco pare di no. Infatti la Germania ha posto un ostacolo al progetto, che dovrebbe partire nel gennaio 2014, tirando fuori che bisognerebbe cambiare i trattati europei, azione lunghissima, per poter de-sovranizzare la vigilanza. Non è vero, eventualmente basta fare un’aggiunta breve al trattato sull’unione monetaria. Quindi c’è il sospetto che la Germania voglia nascondere qualcosa di opaco nel suo sistema bancario. Le centinaia di miliardi di buco nelle sue banche regionali, gestite dei partiti, sono note come è noto il modo silenzioso con cui lo stanno coprendo. Lasciamoli in pace in nome del pragmatismo. Ma se stanno rinviando l’unione bancaria per nascondere imbrogli più grossi, in particolare sull’operatività delle banche e finanziarie pubbliche che sostengono l’export, non dovremmo lasciarglielo fare. O Berlino toglie l’ostacolo o sarà sospettabile di concorrenza illecita. Adesso veniamo noi a indagare su di voi, cari crucchi furbacchioni.

(c) 2013 Carlo Pelanda
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