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Carlo A. Pelanda
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Libero

2013-2-19

19/2/2013

Forza Finmeccanica

Il danno di immagine subito da Finmeccanica a seguito dell’arresto di Orsi è gravissimo, fino al punto di mettere a rischio l’azienda che è l’unica grande industria tecnologica a raggio globale rimasta in Italia, pilastro di un indotto vastissimo. Prima di tutto le responsabilità. E’ una solenne fesseria accusare la magistratura di eccesso di zelo. Se la legge vieta di dare tangenti cosa può fare il magistrato di diverso dall’indagare e sottoporre a processo i sospettati quando trova elementi? E se gli elementi li trova grazie ad un manina interessata a destabilizzare, interna o estera, ciò non cambia la notizia di reato che obbliga la magistratura ad agire. Il problema non è qui. Non lo è nemmeno nel fatto che tutte le aziende nel settore dei sistemi militari devono incentivare in modi anche opachi i clienti. Il punto, invece, è come un governo tutela le proprie imprese strategiche. L’America vieta le stecche, ma queste vengono sostituite da facilitazioni “istituzionali” equivalenti al governo (e persona) che compra armi da un’azienda americana. Il Dipartimento del commercio estero ha costruito un enorme sistema di intelligence economica, connesso con quella generale, al servizio delle imprese. La Francia copre le stecche ponendo il segreto di Stato, tout court. La Germania usa un metodo misto, ma in modi meno formalizzati. La Russia non si pone il problema e comunque fa gestire tali materie direttamente ai suoi servizi segreti. L’Italia non ha alcuno di questi sistemi di tutele e compensazioni indirette ed i poveri cristi che devono vendere nel mondo sono esposti a richieste di stecche: o le danno o perdono l’affare. Quale sarebbe la soluzione? Quella americana e, per alcuni casi, l’applicazione del segreto di Stato. La Corte costituzionale ne ha rigettato l’estensione? Per forza, era formulata male. Bisognerebbe invocare e normare, invece, un istituto dipendente dal principio di sicurezza nazionale che regoli con “modalità d’eccezione” le situazioni di “guerra economica” dove un’azienda italiana è sottoposta a concorrenza sleale. Con questo impianto la Corte costituzionale non potrebbe opporsi all’applicazione del segreto di Stato su azioni santuarizzate. Ma il dilettantismo dei nostri governi mai ha concepito cose del genere né creato una unità di supporto di scala sufficiente alla penetrazione commerciale estera, finora sostenuta solo artigianalmente da bravi funzionari del Mae e dei nostri servizi segreti. Tale dilettantismo ha raggiunto il massimo nel governo Monti. Ha lasciato marcire il problema di governance entro Finmeccanica senza risolverlo così esponendo l’azienda ad una vulnerabilità destabilizzante verso competitori, clienti e partner. In America e Regno Unito, dove Finmeccanica possiede controllate, i governi stanno ponendosi un problema di sostituzione della proprietà. Per questi motivi lasciamo da parte il passato e guardiamo al futuro. La priorità è quella di riaffermare l’immagine di Finmeccanica, rassicurare i governi inglese ed americano che l’azienda è un affidabile proprietario delle aziende controllate in quei territori, nonché ripristinare la sua competitività globale e, alla fine, convincere il mercato a non abbandonare i titoli in Borsa. Non invidio il nuovo AD Pansa per questo compito difficile e tento qui dei suggerimenti: (a) far diventare il ripristino della competitività internazionale di Finmeccanica una priorità della nostra politica estera, con risorse dedicate; (b) nominare un presidente di assoluta credibilità; (c) aprire l’azionariato della casa madre e/o della controllata americana (DRS) a fondi di investimento statunitensi per ripristinare in tal modo indiretto i legami tra marchio Finmeccanica e Pentagono; (d) mantenere l’assetto di conglomerato, non vendendo Ansaldo Energia e altre unità, in modo da bilanciare con la varietà intragruppo l’eventuale contrazione del mercato militare.

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