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Carlo A. Pelanda
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Libero

2012-9-11

11/9/2012

La soluzione è un Progetto nazionale fortissimo

Recessione bruttissima: l’Istat rileva una caduta del Pil di ben il 2,6% nel 2012. Peggio: con questi numeri è probabile che l’economia italiana resterà recessiva anche nel 2013 se continuasse il metodo di perseguire il pareggio di bilancio solo alzando le tasse. Con una complicazione catastrofica. I compratori del nostro debito valuterebbero che l’Italia potrebbe diventare insolvente – per carenza di gettito - e pretenderebbero un premio di rischio crescente, così alzando nuovamente lo spread e rendendo insostenibile il costo di rifinanziamento del debito stesso. A quel punto – che potrebbe essere non lontano – l’Italia dovrebbe richiedere l’aiuto della Bce accettando il commissariamento europeo (+ Fmi). Cosa succederebbe? Qualcosa di simile al caso greco: un taglio forte della spesa pubblica, con licenziamento di impiegati e riduzione dei loro stipendi ed allo stesso tempo un mantenimento delle già altissime tasse dirette ed un aumento di quelle indirette. L’esito sarebbe simile a quello greco: deflazione duratura, con impoverimento strutturale dell’Italia dovuto a deindustrializzazione irreversibile in molti settori, cioè una situazione di crisi grave per almeno cinque anni. Il rischio di conflitti sociali, di degenerazione morale tipica dei processi di impoverimento e di consenso a leader autoritari sarebbe elevatissimo. Come evitare questa catastrofe? Un modo c’è. Il punto è che bisogna comunque tagliare almeno 100 miliardi di spesa. Se dovremo farlo sotto commissariamento il taglio delle tasse sarà differito perché, studiando i commissariamenti sia del Fmi sia quelli recenti di Ue e Bce, il criterio guida è quello contabile. Se, invece, l’Italia decidesse di intervenire su spesa e fisco in modo sovrano, avremmo la possibilità di calibrare il taglio della spesa stessa in più anni, riducendone l’impatto deflazionistico, e, soprattutto, potremmo ridurre le tasse più velocemente sotto la guida di un criterio di economia reale, pur assicurando il pareggio di bilancio anche durante l’azione. Infatti è possibile bilanciare la deflazione da taglio della spesa con la stimolazione dell’economia dovuta a minori carichi fiscali. In particolare, la crescita sarebbe trainata da investimenti che scontano il dimezzamento delle tasse in un triennio. Il Regno Unito ha tentato una manovra del genere, sta avendo una piccola recessione dovuta al taglio immediato di quasi 100 miliardi equivalenti di spesa, ma la prospettiva di tasse al 20% per le imprese sta chiamando investimenti. Ne uscirà bene. L’Italia, che resta comunque una potenza manifatturiera, pur ferita, ne uscirà molto meglio. In sintesi, mi sento di invocare con urgenza una soluzione sovrana di taglio di spesa e tasse di 100 miliardi, in tre anni. La quantità di rigore applicata, e di ordine contabile atteso, sarebbe perfino superiore a quella richiesta da Ue e Bce e spegnerebbe le critiche tedesche all’Italia incapace di riforme forti e vere. Questo metodo di rigore, basato sul taglio di spesa e tasse e non sul rialzo dei carichi fiscali, convincerebbe, soprattutto, il mercato che l’Italia potrà ripagare il proprio debito via crescita, inducendolo così non solo a comprare titoli di Stato, ma anche azioni delle nostre banche migliorandone così la capacità di erogare credito, fatto fondamentale per la ripresa. Questa soluzione sovrana, chiamiamola “Progetto nazionale”, va fatta perché chiuderà definitivamente la crisi. L’Italia rimessa veramente a posto dopo un triennio, poi, potrà decidere se stare o meno nell’Eurozona influenzandone architettura e politiche ora troppo dipendenti dal provincialismo culturale e tecnico della Germania, causa indiretta, ma non secondaria, della spaventosa recessione italiana. Anche per questo va chiamato “Progetto nazionale”, europeizzabile come “sovranità contributiva” perché offre stabilità alle altre euronazioni invece di importarla.

(c) 2012 Carlo Pelanda
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