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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2006-6-17il Giornale

2006-6-17

17/6/2006

Inganni tecnici

(Versione integrale poi ridotta in sede di pubblicazione)

Nel sistema delle democrazie occidentali c’è la tradizione di lasciare ad un nuovo governo almeno tre mesi di pausa prima di valutarlo. Vorrei sinceramente rispettare tale stile, ma non è possibile sulla base dell’incredibile confusione nelle parole che precorre una nei fatti.  Prodi a Bruxelles: «Abbiamo letto sui giornali di un grande allarme sui conti pubblici. È un allarme serio che condivido, e ne abbiamo discusso con i sindacati e Confindustria, ma non abbiamo ancora parlato di cifre». Se un governo condivide vuol dire che ha le cifre. Se non le ha cosa dovrebbe condividere? Se le ha le dica. Ma non le dice. E con Confindustria e Sindacati di cosa hanno parlato? Qualche cifra Prodi doveva averla in mente se ha garantito la riduzione del 5% del cosiddetto cuneo fiscale per le imprese. Ma non è una cifra perché  ha detto che non ha ancora parlato di cifre. Surreale, questo è il giudizio inevitabile.

Solo sulle parole? In politica la parola espressa pubblicamente è un fatto. Mi rendo conto che Prodi deve pesare le parole e che solo una sbagliata gli costerebbe un terremoto nella coalizione. Comprendiamo, ma gli segnaliamo che un primo ministro in queste condizioni dovrebbe avere l’onestà di dire chiaramente agli elettori che non riesce a governare. Non aspettiamocelo perché tale onestà non è di Prodi: lo conosciamo. Ma potremmo aspettarcela da Tommaso Padoa Schioppa che ha una chiara fama di persona tecnicamente consistente. Infatti ha usato parole serie: è illusorio ridurre il deficit con tasse perché poi tale azione deprime la crescita. E’ un’ovvietà. Ma significativa perché ha voluta ricordarla ad un governo condizionato dalla sinistra tassista. Tuttavia, continua a dire che la situazione di oggi è peggiore di quella del ’92. Quell’anno me lo ricordo bene perché ero a bottega da Beniamino Andreatta per imparare proprio gli arcani delle politiche di bilancio e seguivo con lui gli eventi. La situazione del ’92 fu talmente di emergenza da richiedere necessariamente una tassazione straordinaria ed immediata, di cassa per intenderci. Ci spieghi lo stimato, scusi la famigliarità abbreviante, TPS: o non ha studiato il profilo “tassista” del ’92, è improbabile, oppure sta anticipando che tirerà una stangata da brivido. Ma la seconda alternativa contraddice l’affermazione di inutilità delle tasse. In teoria le due dichiarazioni potrebbero, sforzandoci, stare insieme nel seguente scenario: si fa una stangatona con una tassa speciale una tantum per il riequilibrio dei conti a breve, ma poi non si alzano tasse in modo permanente. Sta in piedi? No, la Commissione europea, chi assegna il voto al nostro debito pubblico (agenzie di rating), la Bce e il Fmi, cioè tutti i giudici dell’economia italiana, vogliono una sola cosa: riequilibrio strutturale, e non solo contingente, dei conti pubblici. Cioè tagli alla spesa con il corredo di più Pil che implica meno tasse e rigidità. Infatti TMS ha annunciato una politica in tale direzione. Ma cosa vuol dire, allora, la citazione enfatica del ’92? E’ un messaggio preventivo all’estrema sinistra favorevole alla spesa allegra che i tagli dovranno essere veramente dolorosi? Altro non vedo. Ma come spera di convincere Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi e corrente tassista dei Ds a rinunciare al modello “più Stato & tasse” senza rischiare la dissoluzione della maggioranza, di un solo voto al Senato tra l’altro? Inoltre ha accettato che Visco prendesse la delega del fisco con potere ministeriale pari al suo. Spiace sospettarlo, ma c’è la sensazione che TMS venga lasciato parlare solo per dire cose che rassicurano la Ue e la Bce mentre altri decideranno le politiche vere. Cosa si può pensare di un governo dove il primo ministro non può parlare e quello dell’economia può dire qualcosa perché non conta? Che i moderati ed i bravi tecnici come TMS servano solo a coprire il potere rosso che veramente governerà. Per questo il popolo produttivo ha ragione ad aver paura. E chi ne rappresenta le opinioni deve invocare la caduta del governo già dopo un solo mese violando, spiace, la regola di cortesia. 

(c) 2006 Carlo Pelanda
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