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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2006-5-29il Giornale

2006-5-29

29/5/2006

Bisogna evitare la svolta antioccidentalista dell’Italia

C’è una questione urgente di interesse nazionale ed occidentale che prevale su tutte le contingenze politichesi nostrane: l’Italia non può dare il segnale (geo)politico di tradire gli iracheni che stanno costruendo una democrazia. C’è poco tempo per evitare un tale disastro. La mia posizione, che propongo alla valutazione dei leader del centrodestra, è quella di fare tutto il possibile affinché l’Italia mantenga il proprio impegno di nazione democratizzante.

Noi non siamo la Spagna, con tutto il rispetto per questa, e non possiamo permetterci la leggerezza di una determinazione della politica estera fondamentale da parte delle contingenze di politica interna come fatto da Zapatero. Siamo molto di più in termini di importanza geopolitica. L’Italia è fondatrice originaria dell’Unione europea. E’ al centro del Mediterraneo, pilastro e risorsa di prima linea della Nato. E’ ago della bilancia, di rilevanza inferiore solo alla Germania, per spostare l’Europa intera sull’asse atlantico od eurasiatico. In sintesi, Roma è una delle quattro capitali – con Washington, Londra e Berlino - che formano il nucleo dell’Occidente, considerando Parigi un partner esterno ed anomalo di questo. In tal senso mi sento di poter affermare, senza rischio di pomposo lirismo, che dove va Roma va l’Occidente. Non al punto da modificare l’azione ordinatrice e democratizzante globale guidata da Washington. Ma certamente Roma ha il potere di facilitare o rendere molto più difficile l’iniziativa occidentale. In sintesi, l’Italia, così come l’America ed il Regno Unito, non può cambiare sostanzialmente politica estera nei casi di modifica delle maggioranze. E non lo ha fatto nemmeno la Germania socialdemocratica, nel momento peggiore della suggestione eurasiatica (2002 – 2004) aiutando nei fatti gli Alleati in Irak pur nascondendolo sul piano formale. Questo è il punto. Penso che D’Alema si sia perfettamente reso conto dell’enorme responsabilità che ha nelle sue mani, se non altro perché si avvale dei consigli di Marta Dassù, analista tra i migliori in materia di scenari geopolitici. E ipotizzo che cerchi disperatamente un modo per tenere la continuità occidentalista della politica estera italiana minacciata sia dall’atteggiamento ricattatorio dell’estrema sinistra sia dall’inconsistenza di Prodi. Il problema tecnico è che tale continuità non può essere passiva dopo gli eventi del 2001. E nel momento in cui deve essere attiva si scontra con i codici di identità di buona parte della sinistra, per esempio il pacifismo idealista al costo di preferire i dittatori. Questo per dire che comprendiamo il problema di D’Alema, classificabile come occidentalista di sinistra, anche se francamente non provoca alcuna simpatia personale. Ma, nonostante l’abilità, temo che non ce la farà a bilanciare la fuga dalle responsabilità richiesta dalla sinistra estrema e l’obbligo internazionale di Roma. In sostanza, gli viene a mancare Prodi. Questo ha segnalato chiaramente che non metterà a rischio il suo fragile governo per motivi di lealtà occidentale. E non ha interesse a farlo in quanto, disprezzato personalmente da Londra, Washington e Berlino, che ne hanno misurato le capacità ai tempi del suo sfortunato mandato alla Commissione europea, ha potuto trovare sostegno solo a Parigi. E questa ha interesse a ridurre l’influenza italiana in Occidente. In tale situazione mi chiedo quale sia la giusta azione del centrodestra, pilastro interno dell’occidentalismo. Berlusconi ha annunciato che questa volta la Casa delle libertà non andrà in soccorso della sinistra come fece nel caso della guerra contro Belgrado per il Kosovo. Ed è comprensibile: la sinistra si prenda le proprie responsabilità, senza ambiguità. E poiché la sinistra estrema è  contro la democrazia, con i terroristi, contro la civiltà occidentale, mentre quella moderata si prepara a vendere l’Italia all’interesse nazionale francese sia politico sia economico, che questa spazzatura venga fuori. Sono emotivamente d’accordo. Ma, razionalmente, la posta in gioco è così alta da consigliare di sostenere gli occidentalisti di sinistra per tenere l’Italia sulla giusta rotta.

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