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Carlo Pelanda: 2006-3-2il Giornale

2006-3-2

2/3/2006

Stagnazione senza declino

C’è un contrasto tra due tipi di dati. Quelli aggregati che riguardano i volumi del sistema economico complessivo dell’Italia mostrano stagnazione: il Pil italiano, nel 2005, è stato esattamente lo stesso del 2004, cioè ha avuto una crescita zero. Ma i dati  che misurano la vitalità delle imprese ne mostrano un’impennata, per esempio lo specifico indice ISAE ed altri relativi alle singole aziende. Le due figure combinate offrono un’immagine del tutto anomala: c’è una stagnazione da quindici anni, che a rigore farebbe prevedere una deindustrializzazione in atto, quasi allo stato finale, ma questa non c’è, anzi. Capire tale anomalia è importantissimo perché mostra quale dovrà essere la giusta politica economica del prossimo futuro.   

Se qualcuno dubita che il sistema industriale italiano si stia riprendendo, dal 2002 in poi, allora è utile citare alcuni esempi. Qualche anno fa si temeva la sparizione totale della grande industria in Italia perché troppo piccola ed arretrata di fronte ai competitori internazionali. La Finmeccanica , nel 2001, era in via di sepoltura ed ora è un gigante globale. Il manager che ha compiuto il miracolo, Guarguaglini, è stato nominato uomo dell’anno dal prestigioso periodico “Aviation Week”. Ma il successo si è anche basato sulla ottima qualità del personale, sulla tanta ricerca fatta dall’azienda in proprio e con le università collegate e, per le operazioni estere, sull’intelligente supporto del governo. Lo stesso può dirsi per la rinascita della Fiat: ottimi manager, grande qualità della forza lavoro, notevole capitale intellettuale, adeguato sostegno da parte del governo. Perfino nella cantieristica, settore ormai dato per morto, abbiamo un’ottima notizia: Fincantieri ha conquistato il 50% del mercato mondiale delle grandi navi da crociera. Sul lato, poi, delle “multinazionali tascabili”, il recente successo espansivo della Brembo è solo un esempio di come decine di tali unità, la Piaggio una di queste, abbiano trovato i modi, e nuovamente la voglia, per praticare con successo il mercato globale. Me è nel settore delle piccole e medie imprese che sta avvenendo un cambio di  clima con effetti sistemici. Fino a poco fa quasi i due terzi di esse erano nei guai per problemi di successione nell’azienda famigliare e per la competitività cedente: molti imprenditori avevano più voglia di vendere ed investire, per dire, in campi da Golf che nella loro impresa. Ora succede il contrario e qui non c’è spazio per citare le migliaia di loro che hanno imboccato nuovamente la strada dell’espansione. In sintesi, la stagnazione complessiva c’è, ma anche la sorpresa dell’industria italiana che vuole e riesce ad uscire dalla crisi competitiva. Il punto è che se si prende il dato aggregato come sintomo di un declino ineluttabile, come sicuramente faranno la sinistra ed i commentatori/ricercatori che guardano solo le statistiche sintetiche e non si sporcano le mani con l’economia reale, si rischia di perdere di vista la soluzione del problema. Con un sistema industriale così forte, ed una eccezionale imprenditoria di massa che riesce a rinnovarsi generazionalmente, la “soluzione” è quella di mettere in priorità, oltre alla riduzione del debito pubblico via supercartolarizzazioni per riprendere spazio di manovra nel bilancio statale, tutto ciò che può mettere le ali alle imprese: dimezzare le tasse sulle aziende, eliminazione di tutte le regole che ne impediscono l’ingrandimento o la riconversione, incentivi alla quotazione, ecc.. In conclusione: (a) la nostra è stagnazione senza declino perché l’industria resta fortissima; (b) quindi la politica giusta è quella di accelerare il rafforzamento delle imprese per aumentarne l’effetto crescita complessivo. La sinistra, invece, enfatizza il declino come scusa per aumentare l’intervento dello Stato in economia e le tasse, “perché il mercato non ce la fa”. Ma la verità è che il mercato ce la fa ed ha solo bisogno di una politica che gli tolga i pesi. Per tale motivo la realizzazione del programma del centrodestra, pur non ancora del tutto chiaro sulla priorità precisa detta, è la giusta soluzione. E l’unica.  

(c) 2006 Carlo Pelanda
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