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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2003-2-24il Giornale

2003-2-24

24/2/2003

Dall’europensiero debole a quello forte

Molti analisti stanno cercando di capire i possibili sviluppi delle relazioni tra America ed Europa. Da una parte, è impensabile che le divergenze su questioni specifiche (Irak, trattato di Kyoto in materia ambientale, scaramucce commerciali in alcuni settori, ecc.) possano creare un vero punto di rottura tra i due continenti con conseguenze intraeuropee. C’è troppa interdipendenza economica. Gli europei tra loro e tutti insieme con l’America sono ormai legati da un matrimonio indissolubile. Che, se si rompesse, sarebbe catastrofico. E tale consapevolezza, infatti, ispira le azioni dei governi pur nelle diversità correnti, il nostro particolarmente meritevole e attivo nel frangente. D’altra parte le divergenze sono crescenti e toccano materie di sostanza. Quindi in chi tenta di scenarizzare questa materia è emersa la sensazione che, pur non essendoci alcun pericolo immediato di fratture dirompenti, le relazioni tra europei ed americani abbiano bisogno di un rilancio per evitare una lenta erosione che alla fine potrebbe separare sul serio i due continenti e spaccare l’Unione.

Di solito, in questa materia, si fa la lista dei punti di divergenza: diversità dei modelli economici e culturali, politica francese finalizzata al bilanciamento della potenza americana, arroganza dell’impero, interessi commerciali diversi, l’America si sente in guerra mentre l’Europa no, ecc. Penso che la conosciate. Qui vorrei, invece, dare i motivi che rendono vantaggioso e razionale puntare ad una futura integrazione tra Europa ed America, dando a questo obiettivo finale e di lungo periodo il compito di aiutare nella composizione dei dissidi correnti. E avrei l’ambizione di stimolare la rinascita di un "pensiero forte" europeo nei confronti del nostro ruolo del mondo. Perché finora il disegno di integrazione si è sviluppato guidato da una logica introversa: facciamo l’Europa per evitare guerre e per creare un mercato unico che ci renderà più ricchi. Giusto e bene. Ma, nella priorità interna generata dalla difficoltà di unirci, non abbiamo mai risposto alla domanda: Europa per che cosa, in relazione al mondo esterno? Infatti oltre all’atlantismo passivo o alla politica gaullista di bilanciamento velleitario della potenza americana, non abbiamo tirato fuori molto di più. E sono ambedue posizioni deboli. La passività si spiega da sola. Un’Europa che si forma per bilanciare gli Usa stride con ogni buon senso. Ecco perché il male da curare è il pensiero debole in merito al ruolo esterno dell’Unione Europea. E penso sia utile prima chiedersi cosa vogliamo fare noi e poi da questo derivare una posizione europea nei confronti degli Stati Uniti.

Primo punto. Possiamo difendere da soli i nostri interessi vitali? Evidentemente no. Con chi allora dobbiamo allearci? Con chi è in grado di dare ordine al pianeta sia sul piano economico sia su quello della sicurezza. E mi sembra scontato che una convergenza euroamericana sia la miglior scelta che abbiamo. Il nostro interesse principale è che vi sia ordine nel mercato globale. Per fornirlo è necessaria la potenza economica e militare. La prima permette di ricorrere meno alla seconda in quanto ha le risorse per finanziare la cooptazione di un numero crescente di Paesi nel sistema delle economie convergenti. La seconda deve essere abbastanza robusta per dissuadere potenze emergenti (Cina, India, ecc) dall’attuare politiche destabilizzanti. Il punto: solo America ed Europa, insieme, hanno le grandezze sufficienti per poter svolgere tale ruolo di soggetto ordinatore mondiale. E quindi mi sembra naturale definire l’interesse esterno europeo nella direzione di una cooperazione crescente con gli Stati Uniti. Europa per che cosa? Per essere una potenza regionale con credibilità e scala sufficiente da instaurare con gli americani una responsabilità condivisa per la gestione e difesa dell’ordine mondiale. Il nucleo occidentale. A cui poi aggiungere la Russia ed altri.

Secondo punto. L’America non vuole condividere alla pari il governo degli affari mondiali. Le sue popolazione ed élite si sentono un Paese speciale. Migliore di qualsiasi altro, e non si fidano di un rapporto alla pari con altri per non restare condizionati da logiche e capacità inferiori. Quindi l’unico modo per convincere gli Usa a condividere i criteri di politica globale è quello di mostrarsi credibili per responsabilità degli impegni e grandi come loro. Noi lo saremo, ma se seguiamo la strana idea che l’Europa serve a bilanciare l’egemonia americana, invece di ordinare il pianeta, non riusciremo mai ad andare d’accordo con gli Usa per agire congiuntamente. E non saremo mai in grado di convincerli che sono loro ad avere bisogno di noi. Pur potenza assoluta non lo è abbastanza per presidiare tutto il pianeta e farvi da locomotiva economica. Se glielo diciamo "contro", per orgoglio questi andranno comunque avanti da soli. Se glielo diciamo come partner leali e con simili interessi è probabile che accettino un rapporto alla pari, in prospettiva.

Scusatemi, ho semplificato fin troppo la materia. Ma, francamente, il punto è molto semplice: o noi europei ci prendiamo le nostre responsabilità in relazione al mondo oppure no. Quindi il vero sondaggio è tra "pensiero forte" europeo e quello "debole". Votate questo.

(c) 2003 Carlo Pelanda
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