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Carlo Pelanda: 2014-1-7Il Foglio

2014-1-7

7/1/2014

Le banche in difficoltà potranno usare una finanziarizzazione più evoluta dei crediti a rischio

La rubrica teme che le banche italiane non abbiano ancora avuto modo di approfondire le nuove offerte nell’area Sam (Securitised asset management; Gestione di beni finanziarizzati via cartolarizzazione) che potrebbero risolvere meglio i loro problemi di bilancio. Il team di analisi ed ingegneria finanziaria del think tank coordinato dal rubricante sta segnalando un’inefficienza da asimmetria informativa: per recuperare capitale, le banche italiane stanno svendendo i loro crediti a rischio (Npl) o altri asset oppure ritardano la cessione per evitare la perdita, ma così caricandosi di inefficienza. Soluzioni sub-ottimali o troppo rimandate al problema di liberare capitale di garanzia rischiano di indurre le banche a ridurre il credito. Tale rischio è stimato vicino ai 20 miliardi per il 2014. Ma la cifra potrebbe essere maggiore se emergesse una quantità di crediti a rischio maggiore di quella oggi stimata, cosa non escludibile. Un credit crunch di 20 miliardi interromperebbe la ripresa. Uno di 30 la invertirebbe. Uno più grande sarebbe causa di spirale depressiva. Per questo il tema, pur settoriale, ha portanza e priorità sistemica. Quali sono le soluzioni più efficienti? La meno efficiente è quella di cedere pacchetti di credito a rischio contro cassa perché il compratore chiede, per (sovra)bilanciare il proprio rischio, uno sconto esagerato e ciò aumenta la perdita in bilancio. La più efficiente è quella di cedere il credito a rischio ad un fondo di cartolarizzazione capace di “finanziarizzazioni a catena” di nuova generazione. I fondi di vecchia generazione pagano il prezzo del credito ceduto dalla banca con quote o obbligazioni del fondo/comparto stesso, con sottostante il rendimento del credito in cessione, cosa non risolutiva perché in tal modo il rischio, e quindi il requisito di copertura, resta nella banca. Nel Sam di nuova generazione: (a) il fondo riesce a pagare il credito ceduto alla banca con obbligazioni (quotate) “de-correlate”, secondo i requisiti di “derecognition” di asset finanziari modificati in un bilancio bancario, rendendo reale la liberazione dal rischio e relativa cifra di copertura; (b) in alcune configurazioni può assicurare i valori/rendimenti delle obbligazioni con nuove formule poco costose di hedging; (c) le obbligazioni date alla banca possono essere disegnate per essere scontabili presso la Bce. Il punto: per queste caratteristiche, ed altre che permettono di estrarre meglio il valore dei crediti ceduti, la nuova generazione di fondi Sam tende a comprare con obbligazioni a giusto prezzo i crediti a rischio, così attutendo le perdite in bilancio dei cedenti e facilitando la riduzione di capitale di garanzia a favore del complesso credito/capitalizzazione di una banca. I primi fondi Sam innovativi sono stati autorizzati (Lussemburgo e Regno Unito) agli inizi del 2013 e ciò potrebbe spiegare perché le banche italiane non considerino ancora tale opzione o siano incerte sull’approvazione da parte di Banca d’Italia. Alcuni di questi fondi autorizzati hanno chiesto anche la regolamentazione, pur non necessaria, alle autorità di vigilanza inglesi e lussemburghesi per rendere totale la trasparenza di operazioni nuove e complesse. Il rubricante ha notizia che uno di questi ha già avviato un dialogo con Banca d’Italia per offrire soluzioni approvate, in principio. La rubrica raccomanda ai fondi anglo-lussemburghesi Sam New di nuova generazione di considerare l’Italia come la migliore opportunità in tutto il mercato globale ed alle banche italiane di valutare il loro tipo di soluzioni prima di deciderne altre.

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