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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2000-8-7L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

2000-8-7

7/8/2000

L’euro in crisi per colpa della politica

Nonostante il fatto che da oltre un anno e mezzo il valore dell’euro sia costantemente sceso, e poi rimasto depresso, nei confronti del dollaro, molti ancora si chiedono stupiti come mai ciò possa essere sucesso e continuare ad accadere. In realtà l’andamento negativo della moneta unica europea non presenta particolari misteri. Il problema riguarda la differenza tra le attese generate dalla campagna propagandistica condotta dai governi per lanciare l’euro e la realtà. La seconda è stata coperta dall’esigenza politica di costruire attorno alla nuova moneta un alone magico per evitare dissensi nella delicatissima fase di lancio iniziale. E’ comprensibile che la gentile signora pensionata con ancora nelle orecchie le parole di Prodi - "l’euro sarà un paradiso" – sia sconvolta dalla preoccupazione di trovarsi una patacca nel già sottile portafoglio. Che mostra, agitata, fermandomi per strada. Scusandomi con gli specialisti, vorrei tentare di chiarire il problema (e la soluzione) della questione euromonetaria nel modo più semplifice possibile, a favore dei tanti lettori in ansia.

Per prima cosa non si sentano ignoranti se fanno fatica a capire cosa stia succedendo. Fior fior di superspecialisti finanziari, nei primi mesi del 1999 avevano previsto la prossima fine del dollaro. "Non si rialzerà mai più": così mi disse un grande banchiere. E vi assicuro che quando portai tutti i miei risparmi sul dollaro, scommettendo contro l’euro perché gli scenari che produco così consigliavano di fare, ebbi molti dubbi. Possibile che tutti questi geniacci sbaglino? Sbagliarono. Perché?

Contavano sul fatto che il mercato avrebbe scontato in anticipo l’idea che l’euro può essere una moneta teoricamente più forte di quella americana. Tale ragionamento, in astratto, fu corretto. In teoria l’euro ha effettivamente questo potenziale. Ma sottostimarono i dati che indicavano quanto l’euro avesse bisogno di dare molte prove concrete di solidità prima di farsi riconoscere dal mercato tutto il suo potenziale reale. E queste non le ha date, anzi. La Bce, infatti, ha da subito perseguito e tuttora persegue una politica di svalutazione competitiva dell’euro non difendendone il valore di cambio. E ciò è successo e continua a succedere per un motivo molto semplice. L’economia dell’Europa continentale è poco competitiva a causa delle alte tasse e delle rigidità sindacali. Tali limiti non sono facilmente modificabili in poco tempo perchè l'eurozona è attualmente governata da logiche di sinistra che non vogliono o possono attuare una riforma libealizzante e competitiva del sistema. Quindi, se non cambio la struttura interna del mio modello economico, ho l’unica opzione di svalutare la moneta per dare concorrenzialità alle industrie che si confrontano quotidianamente con quelle operanti in sistemi più efficienti. Ovviamente, facendo così, si riesce a spuntare una temporanea, drogata e per questo aleatoria, crescita del Pil - del tipo di quella attuale - ma ci si espone al rischio di deflusso dei capitali finanziari a favore di sistemi e, quindi, aree monetarie più forti ed efficienti. Ed infatti l'Europa ha perso una quantità enorme di capitali di investimento finanziario dall'estate del 1999 ad oggi. Tale deflusso spiega una buona parte del deprezzamento dell'euro. Poi c'è una parte più tecnica legata al differenziale dei tassi monetari tra dollaro ed euro e quelli tra crescita americana ed europea, tutti a favore del dollaro. In sintesi, è la poca competitività del modello statalista europeo che costringe ad indebolire la moneta per spuntare un po' di finte crescita ed occupazione.

Ma questa tipo di causa non è dicibile né accettabile dai governi di sinistra di Francia, Germania ed Italia perché implicherebbe l'ammissione di inconsistenza della loro filosofia politica, del loro motivo di esistere. E hanno reagito alla crisi solamente insistendo sullo slogan ambiguo e profetico: "l'euro sarà forte". Purtroppo anche Wim Duisenberg, presidente della Banca centrale europea, ha reagito allo stesso modo, dando al mercato la sensazione di una Banca centrale poco indipendente dalla politica e prigioniera di situazioni che non può influenzare. Tale fatto, unito a quello gravissimo che non esista un potere politico realmente europeo che sia controparte della Bce, ha alla fine convinto il mercato che l'euro è sì un giovanotto di belle speranze, ma al momento cammina con una gamba sola e debole. Moneta zoppa.

Indipendentemente dalle variazioni dovute a situazioni contingenti di mercato, questi sono i motivi di fondo principali che tengono compresso l'euro sul dollaro e sulle altre monete. Cosa che comporta un impoverimento degli europei: più inflazione importata, meno investimenti nell'eurozona. Appunto, la signora detta sopra ha un certa ragione di temere l'effetto "patacca".

Ma suggerirei di non essere così pessimisti, in prospettiva. Basterebbe liberalizzare il sistema economico europeo per far tornare i capitali di investimento a casa e, con questo, sostenere una crescita reale e duratura della ricchezza senza bisogno di indebolire la moneta. E' "solo" un problema politico: mettere al governo i liberalizzanti e togliere dalla stanza dei bottoni le sinistre. Se questo avvenisse entro un paio d'anni nel cuore dell'eurozona, poi ne basterebbero altri due o tre per riformare le regole economiche. Ma il mercato premierebbe in anticipo il rinnovamento europeo e ribilancerebbe il rapporto tra dollaro ed euro, limitando così l'impoverimento di massa indotto dalla crisi del secondo. Non c'è nessun mistero, le condizioni di ricchezza futura sono chiarissime, non difficili da ottenere. Ci sarebbero problemi enormi solo se la brava gente continuasse a credere alle irresponsabili bugie di chi dice che per avere un euro solido non occorre cambiare niente. Eccome che bisogna cambiare.

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