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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2013-1-8La Voce di Romagna

2013-1-8

8/1/2013

Ancora un anno prima della ripresa

Nel 2013 la crescita del Pil resterà negativa in un intervallo tra meno 0,7% e meno 1,2%. La recessione sarà acuta fino a marzo, per poi attutirsi nella seconda metà dell’anno. Il ritorno alla crescita è previsto attorno a metà 2014, pur alcune previsioni proiettandolo non prima del 2015. Tale tendenza è rilevata da una varietà di centri studi, tra cui il Fmi. Il mio gruppo di ricerca adotta un metodo che tenta di rispondere alla domanda: a quali condizioni le previsioni dette sopra potranno migliorare o peggiorare? I risultati delle elezioni politiche avranno un effetto, ma non tanto determinante perché l’Italia è totalmente governata dall’esterno. La politica di bilancio è vincolata all’obbligo di pareggio ed alla valutazione del mercato che rifinanzia l’enorme debito italiano. Il primo vincolo impedisce la spesa pubblica in deficit e comporta una pressione per tagliarla. Il secondo pone un limite ad ulteriori aumenti di tasse che deprimono la crescita, riducendo il gettito fiscale e quindi impedendo il pareggio di bilancio. Pertanto un qualsiasi governo dovrà stare entro un binario. Se non vorrà, l’Italia andrà verso l’insolvenza. In tal caso un governo d’emergenza dovrà chiedere aiuto al Fondo salvastati (Esm) e il trio Ue/Bce/Fmi prenderà il controllo dettagliato della politica economica, tagliando spesa pubblica, per esempio gli stipendi, per riequilibrare il sistema. Oppure salterà l’euro. La bassa probabilità di questi due casi estremi, pur non escludibili, rendono più rilevanti le condizioni che permetteranno all’Italia di aumentare l’export per bilanciare la decrescita del mercato interno. La svalutazione dell’euro potrebbe ridurre ad un minimo la recessione italiana nel 2013. Ma difficilmente verrà fatta prima delle elezioni tedesche del settembre 2013 perché l’elettorato teme l’euro debole come fonte di inflazione. Un rischio di crisi globale è dato dal tipo di soluzione al problema del debito americano. Una troppo dura manderebbe in recessione l’America e farebbe cadere la domanda mondiale nonché l’export italiano. Una troppo morbida farebbe scendere il cambio del dollaro togliendo competitività alle esportazioni in euro. Probabilmente vi sarà una soluzione bilanciata e ciò aiuterà l’Italia, ma non tantissimo. Resta la speranza di un miglioramento del credito e delle Borse a seguito della stabilizzazione degli eurodebiti. Se così, finiremo l’anno con una recessione attorno al meno 0,5%, ma con una probabilità di ritorno della crescita già ai primi del 2014. Questo è il caso migliore derivabile dai dati correnti.

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