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Carlo Pelanda: 2007-7-31La Voce di Romagna

2007-7-31

31/7/2007

Il mercato ha paura dei rischi nascosti

Il mercato finanziario globale è in subbuglio, apparentemente, per il contagio creato dalla crisi dei mutui negli Stati Uniti. In realtà questo specifico problema non ha una portata così destabilizzante sul piano tecnico. Ma su quello comunicativo  è un segnale al mercato che molti altri rischi potrebbero essere stati sottostimati. Ed è per questo che il mercato finanziario oscilla, anche in Europa.

Cosa è saltato negli Stati Uniti? Chi aveva siglato dei contratti di mutuo a tasso variabile e ad alto costo perché non poteva dare garanzie (mutui “subprime”) non è riuscito più a pagarli quando sono aumentati i tassi e quindi gli interessi. Tali contratti erano stati venduti dagli istituti originari a società finanziarie che praticano la “finanza derivata” e alcune di queste sono crollate. In tale crollo si è aperto un buco attorno ai 100 miliardi di dollari. E’ una cifra enorme, ma in relazione alla scala di quel sistema è poca cosa. Infatti non c’è una crisi tecnica sul piano delle banche e dei fondi finanziari. Inoltre, la banca centrale statunitense (Fed) non ha alzato ulteriormente il costo del denaro proprio per non aggravare la situazione dei mutui  più onerosi. E questa avrebbe dovuto essere una buona notizia per le Borse in quanto minori sono i tassi più queste crescono. Ma il mercato si è innervosito comunque e dovunque perché ha visto che gli strumenti della finanza più evoluta (derivati, cartolarizzazioni, ecc.) sono molto vulnerabili all’aumento dei tassi. Poiché la tendenza sia in America sia in Europa è quella di aumentare il costo del denaro per raffreddare l’inflazione dovuta al boom globale (grande crescita dell’economia reale) in corso, allora in molti hanno pensato che nel prossimo futuro ci saranno guai. Si tratta pertanto di una crisi di fiducia al riguardo degli strumenti finanziari troppo sensibili al costo del denaro che, per contagio, riduce la fiducia sugli investimenti in generale. Questa lettura del problema è sostenuta dai comportamenti recenti delle banche centrali. Finora la finanza derivata non era mai stata sottoposta a controlli stringenti. Da qualche mese lo è sempre di più sia in America sia in Europa. Ed anche in Italia. Controllo di cosa? Del fatto che uno strumento finanziario derivato si appoggia su valori variabili che possono crollare a certe condizioni e che queste non vengono ben chiarite. Ciò significa che il mercato è infettato: c’è un livello di rischio latente non calcolato. Questo punto, secondo me, è il vero motivo delle turbolenze di queste giorni che giustifica l’altrimenti inspiegabile connessione tra crisi finanziaria specifica in America ed incertezza crescente in Europa. Rimedi? Nel breve la Bce dovrebbe evitare di alzare ancora i tassi dell’euro. Nel lungo le banche centrali dovranno dimostrare di saper regolare la finanza derivata affinché non diventi troppo acrobatica. La buona notizia è che lo hanno finalmente capito dopo due decenni che in tanti lo scriviamo sui libri. La cattiva è che la Bce alzerà comunque.  

(c) 2007 Carlo Pelanda
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