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Carlo Pelanda: 2014-11-23Libero

2014-11-23

23/11/2014

Senza grandi cambiamenti non ci sarà ripresa

Nel 2014 le previsioni economiche sono state modificate più volte come mai successo nel passato. C’è un difetto negli strumenti o nell’oggetto osservato? Gli indizi individuano un grosso problema nella realtà, non ancora percepito, che “sballa” le proiezioni. Dal 1950 al 2000 i cicli economici nell’area delle democrazie hanno mostrato una certa regolarità rassicurante: crescita per circa 7 anni, recessione breve e poi nuovamente espansione lunga. La crisi del 2001 ha mostrato una tendenza simile, ma con tempi più lunghi di recupero e più fatica per rimettere l’area delle democrazie in crescita. Quella del 2008 mostra un recupero incerto e ritardato in America, una continuazione peggiorativa nell’Eurozona, un rischio di implosione della Cina e andamenti altalenanti nel resto del mondo. Nell’ottobre del 2012 il Fmi pubblicò il seguente scenario: la ripresa globale sarebbe stata poca e lentissima fino al 2018, poi bingo. Tale scenario individuò un problema, ma lo riportò entro lo schema dei decenni precedenti dando l’immagine di recessione-stagnazione più lunga del solito, ma senza mutamenti di destino. Gli occhiali colorati di passato hanno nascosto la vera natura del problema. Con occhiali meno schermati, infatti, si vede che la lunghezza e pochezza della ripresa in America ed in Europa non è dovuta all’intensità dello shock, ma, al netto degli errori gestionali, alla crisi strutturale dei modelli economici. Il punto: il modello di welfare è fallito. Quello americano più leggero riesce ancora a reggere. Quello europeo continentale, più pesante, no. In sintesi, la crisi si sta prolungando o non risolvendo nelle democrazie perché i modelli economici ad alta intensità redistributiva bruciano ricchezza portando al declino le nazioni che li adottano. Questo è il vero motivo per cui le previsioni 2014 al riguardo dell’Eurozona (e del Giappone) hanno dovuto essere revisionate in peggio: non siamo in ripresa, ma in una situazione di cedimento strutturale dei modelli di welfare con troppe regole e fisco. La Francia, a conduzione socialista, cerca di rallentarlo facendo più debito, l’Italia non riducendolo. La Germania ha gli stessi problemi di modello inefficiente, ma riesce a gestirli meglio bilanciando con l’export la stagnazione del mercato interno. Tuttavia, questa soluzione, in cui l’Italia segue la Germania, è sempre più a rischio. L’America non ha più la forza per assorbire tanto export dal mondo. La Cina che ha basato il suo sviluppo sulle esportazioni sta tentando di cambiare modello per far crescere di più il mercato interno, ma non ci sta riuscendo. In sintesi, lo scenario sostanziale vede un’America ancora locomotiva, ma con meno traino, l’Eurozona in stagnazione duratura che importa di meno e la Cina incapace di sostituire il modello trainato dall’export e per questo a rischio di implosione. La probabilità di ritorno della crescita senza nuove soluzioni è decrescente mentre quella di peggioramenti fino alla deflagrazione globale, anticipata da tendenze altalenanti che invalidano le previsioni, è invece crescente. Cosa fare? Aspettare la ripresa passivamente appare lirismo profetico suicida. Cambiare i modelli di welfare nelle democrazie senza finanziare il cambiamento verso più efficienza implica il destabilizzarle. Quindi la soluzione più razionale appare quella di integrare globalmente i mercati delle democrazie perché in tal modo sarebbe prodotta più ricchezza anche con modelli inefficienti e ciò darebbe tempo e risorse per revisionarli gradualmente, minimizzando l’impatto sociale. In conclusione, è un errore pensare che la ripresa torni automaticamente, pur lentamente. Le democrazie sia dell’Atlantico sia del Pacifico, invece, dovrebbero avviare rapidamente un mercato comune tra loro nonché la convergenza monetaria. Io chiamo questo progetto Nova Pax: (a) un’alleanza tra democrazie che aumenti la ricchezza di ciascuna grazie all’integrazione economica e finanziaria; (b) che, diventando la più grande forza sia economica sia militare del pianeta, sarà anche pilastro stabilizzante per eventuali crisi/rischi globali. Il progetto ha base reale: i negoziati di mercato comune Ttip tra Ue ed America e quelli Ttp tra America e democrazie asiatiche. Accelerarne la conclusione e compattare tutto l’Occidente è la giusta risposta al problema nascosto sotto l’incertezza delle previsioni.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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