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Carlo Pelanda: 2014-2-9Libero

2014-2-9

9/2/2014

A marzo la Bce dovrà decidere

La gestione Draghi della Bce non deve più temere la Corte costituzionale tedesca che di fatto, pur non nella forma per sedare i nazionalisti germanici, ha rinunciato alla sua competenza in materia. Ma non è chiaro quanta libertà d’azione avrà per aderire di più al realismo monetario in parte ostacolato da uno statuto limitante ed in parte dalla dottrina “meglio disoccupati che un rischio di inflazione anche piccolo” (idealismo monetario) portata dai rappresentanti tedeschi entro la direzione della Bce stessa. I lettori non pensino che ci sia un conflitto tra inflazionisti e disinflazionisti: Draghi, ed altri realisti monetari, non vogliono inflazione tanto quanto non la vogliono i portatori della scuola tedesca. Il punto della frizione è un altro. L’idealismo monetario ritiene che “stabilità” equivalga a “fiducia” mentre il realismo ammette che in casi eccezionali sia necessario rinunciare temporaneamente alla stabilità monetaria per ripristinare la fiducia, cioè la crescita. Cosa è la fiducia? Una configurazione psicologica di massa che favorisce investimenti e consumi sulla base della previsione che il domani sarà meglio dell’oggi e sull’evidenza di un capitale abbondante disponibile. La si ottiene: (a) rassicurando il mercato che qualsiasi cosa succeda c’è un prestatore/garante di ultima istanza; (b) pompando liquidità quando questa manca o non circola a sufficienza; (c) riducendo liquidità quando la sua massa rischia di produrre inflazione. Il punto: lo statuto della Bce ostacola le prime due funzioni, necessarie nelle crisi, perché fu disegnato in una situazionedi forte condizionalità tedesca alla fine degli Anni ‘90”. Per questo motivo Draghi è senza strumenti diretti di gestione della crisi ed ha dovuto inventarne di atipici ed indiretti che aggirassero lo statuto senza violarlo apertamente. Quando nel settembre 2012 dichiarò che la Bce avrebbe fatto di tutto per salvare l’euro, segnalò di fatto al mercato che nello statuto c’erano flessibilità tali da poter emulare sia la funzione di garante di ultima istanza dei debiti statali sia quella di lanciare gavettoni di liquidità nel sistema. Qui c’è stato un conflitto aperto con la Bundesbank e la chiamata in causa della Corte costituzionale. Draghi ora è tranquillo su tale piano, ma non per questo è libero dalla pressione tedesca, legittimata da uno statuto monco, che lo ostacola per le mosse. Come finirà? Con un compromesso, che per altro è stato già visibile nel 2013: la Bce è stata molto prudente per non creare eccitazioni antieuropee nell’elettorato tedesco, sintomo che la comunicazione tra Bce e Merkel è piuttosto frequente. Ma tale compromesso ha fatto venire dubbi ai mercati sulle reali capacità della Bce stessa. Pertanto Draghi ha il problema di rassicurare sia i mercati sia l’elettorato tedesco. E’ probabile che fino alle elezioni europee la Bce voglia essere molto cauta per non favorire il nazionalismo tedesco. Ma è già in ritardo per contrastare con reflazioni d’emergenza una ripresa troppo lenta e poca nell’Eurozona. Il punto: cosa potrà fare Draghi nei prossimi 3-4 mesi, stretto tra due requisiti incompatibili? La scorsa settimana ha rinviato decisioni di reflazione massiva perché i dati tecnici mostrano che i capitali globali stanno abbandonando le valute e le nazioni più fragili, premiando l’euro e così immettendo nell’Eurozona i soldi che la Bce avrebbe difficoltà a rendere disponibili. Ma sospetto che tali flussi risolvano solo una parte del problema. L’altra parte è dovuta alla crisi del credito in parecchie euronazioni, pesantissima in Italia. Pertanto ritengo che a marzo possa e debba fare due azioni che non implicano necessariamente dissenso tedesco ed una terza che lo implica: (1) immissioni di liquidità nel sistema bancario con formule che forzino gli istituti ad erogare credito nelle aree dove questo è scarso; (2) indebolire il cambio, non in quantità esagerate, per riportarlo ad un livello che mantenga il vantaggio per gli importatori, ma senza penalizzare troppo gli esportatori, come ora; (3) ripristinare la credibilità, un po’ erosa, che se le cose andassero male la Bce potrebbe destabilizzare temporaneamente la moneta per “fiduciare” l’economia così affermando la sua piena facoltà di garante di ultima istanza. Per questa terza azione c’è bisogno di un assist da parte di Merkel, ottenibile o con complicità o con la minaccia di votare le delibera Bce a maggioranza contro la Germania. Non facile, ma a marzo bisogna uscire comunque dall’impasse.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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