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Carlo A. Pelanda
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2009-1-19

19/1/2009

Bce bene ma non basta

La scorsa settimana la Bce ha tagliato il costo del denaro  portando il tasso di riferimento al 2%. Quanto la politica monetaria potrà attutire la crisi recessiva nell’eurozona e favorire la ripresa il prima possibile?

Per l’Italia, dove il peso del debito storico impedisce al governo di stimolare il mercato con spesa in deficit in misura adeguata, la riduzione dei tassi monetari ed il calo dell’inflazione, causato dal crollo del prezzo del petrolio, sono di fatto gli unici strumenti sistemici di tenuta e stimolazione. Comunque non è poco. In relazione al 2008 una famiglia di reddito medio circa i 2/3 della popolazione, potrà risparmiare dai 2.000 ai 4.000 euri. Il costo del mutuo a tasso variabile scenderà. Il pieno di benzina e la spesa per il riscaldamento si ridurrà. Altri prezzi collegati sono in discesa. In sintesi, la combinazione tra riduzione dei tassi e dell’inflazione equivale ad un taglio fiscale che ritorna alle famiglie una significativa capacità di spesa. I salari insufficienti nella crisi inflazionistica 2005-2008 ora tornano adeguati ai prezzi, certamente per tutto il 2009, probabilmente per il 2010. Ciò aiuterà la tenuta dei consumi interni - infatti in leggero aumento stando alle stime del recente rapporto Confcommercio  – che almeno in parte può bilanciare la recessione. In sintesi, la crisi da inflazione è stata risolta, paradossalmente, da quella recessiva, ma la seconda picchia. E’ causata dalla caduta della domanda globale, quindi dell’export, combinata con una restrizione del credito. Colpisce in particolare la Germania il cui modello economico si basa su molto export e poca crescita interna. Per questo il settore più a rischio in Italia è quello delle esportazioni che vede calare le vendite sia nel mondo sia nel mercato intraeuropeo dipendente dalla locomotiva tedesca. Poi c’è il settore dell’auto messo in crisi, prima, dall’aumento dei costi dei carburanti e poi dal pessimismo che ha ridotto gli acquisti. Un altro settore a rischio è quello del turismo, vitale per l’Italia, perché la recessione globale ed intraeuropea potrebbe ridurre il numero di visitatori stranieri. Per questie aree la riduzione del costo del denaro è uno stimolo importante. Riduce il peso dell’acquisto a rate o in leasing di un auto e il costo del credito per le imprese, se lo trovano. Per il settore turistico, tuttavia, sarebbe importante ridurre ancora di più i tassi per abbassare il valore di cambio dell’euro e così rendere meno costoso un viaggio in Italia. Il calo del cambio, soprattutto, aiuterebbe la competitività dell’export europeo ed incentiverebbe investimenti per aumentarlo alla ripresa della domanda mondiale, con effetti immediati. In sintesi, la politica monetaria ha un effetto indiretto, ma sostanziale, sulla competitività. In relazione a questo criterio la Bce ha tagliato troppo poco e ha fatto capire che non farà scendere il tasso di riferimento generale – altri tecnici sì - sotto l’1,5%. Non basterà ad abbassare il cambio perché il dollaro è a costo zero. Ciò spinge il mercato finanziario ad indebitarsi in dollari per trasformarli in euro con tasso di remunerazione superiore (carry trade) e tale fenomeno manterrà comparativamente elevato e decompetitivo il cambio dell’euro stesso. Da un lato è pericoloso ridurre a zero il costo del denaro, dall’altro tale mossa, combinata agli altri stimoli e temporanea, sarebbe necessaria per attutire ed accorciare la recessione europea. Purtroppo la Bce non la pensa così ed una parte dell’impatto recessivo dipenderà da questo errore. 

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