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Carlo A. Pelanda
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2007-5-7

7/5/2007

Con Sarkozy l’Europa farà un passo in avanti

Quali saranno le conseguenze economiche per l’Unione europea a seguito dell’elezione di Sarkozy alla presidenza della Francia?

Bisogna premettere che i poteri del Presidente della repubblica in Francia sono diretti in materia di politica estera e di difesa, ma indiretti in quella economica. Certamente la può influenzare attraverso la scelta del capo del governo. Ma questo risponde alla maggioranza parlamentare. Quindi bisognerà aspettare le elezioni politiche per valutare quanto l’offerta politica liberalizzante nella piattaforma di Sarkoky possa trovare applicazione. Se avrà un governo compatibile, Sarkozy cercherà un mix tra protezionismo ed apertura del mercato in cui la seconda sarà maggiore di quella oggi esistente, ma certamente non tale da far pensare ad un mercato veramente aperto e liberalizzato. Nella destra francese, qualora mantenesse la maggioranza parlamentare nel prossimo futuro, la componente liberista è minima, come per altro in quelle italiana e tedesca (pur questa organizzata in un partito liberale che vale circa l’8% del voto). In generale i centrodestra europei, con l’eccezione dei conservatori inglesi più sostanzialmente liberisti, si distinguono dalla sinistra  per la volontà di rendere economicamente efficiente lo statalismo e non per abbandonarlo. Ciò fa prevedere che l’effetto Sarkozy potrà migliorare di un po’ il processo di integrazione economica europea attutendo l’opposizione protezionista della Francia al mercato aperto, ma non aspettatevi nulla di sostanziale. Tuttavia è promettente il modo con cui Sarkozy e la destra francese pensano di poter difendere il modello sociale europeo dalla globalizzazione. Se ho capito giusto, l’idea è di creare uno spazio economico con certe protezioni contro la concorrenza globale esterna, ma grande e liberalizzato abbastanza per essere vitale e competitivo. Il punto è generare uno spazio dove siano in concorrenza unità economiche con costi omogenei di base proteggendole dalla competizione di chi opera in aree senza i costi e vincoli dei sistemi a welfare evoluto. Si tratta di una modernizzazione del protezionismo più che di una liberalizzazione, ma potrebbe rendere più economicamente vitale sia la Francia sia l’eurozona. Tale logica di perimetrazione di un’economia compatibile con la socialità dello Stato potrebbe estendersi al di fuori dell’Europa e coinvolgere il mercato americano che, se pur più liberalizzato ed aperto, comunque deve sostenere costi e vincoli simili a quello europeo. Dall’estate del 2006 è in corso un negoziato tra americani ed europei (Germania) per integrare i due mercati sul piano delle regole finanziarie e legali, messo in agenda prioritaria da Merkel all’inizio della presidenza di turno della Ue e che alla fine di aprile si è concretizzato nella formazione di un comitato per l’analisi di fattibilità tecnica di tale futura convergenza. L’abbandono da parte di Sarkozy dell’antiamericanismo di Chirac  potrebbe portare l’Europa più vicina alla formazione di un mercato integrato euroamericano e, grazie alla costruzione di un tale blocco occidentale, riuscire ad imporre regole di buon comportamento globale ai giganti asiatici che stanno crescendo a dismisura senza rispettarle così esponendo noi alla concorrenza sleale e loro stessi ad uno sviluppo disordinato che inevitabilmente li getterà in crisi interna con rischio di caos globale. In conclusione, le conseguenze non riguarderanno tanto la liberalizzazione quanto la costruzione di un’architettura politica più solida per far funzionare l’economia semiliberalizzata europea. Sarebbe un passo in avanti. 

(c) 2007 Carlo Pelanda
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