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Carlo A. Pelanda
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2006-10-30

30/10/2006

Dubbi sulla crescita annunciata per il 2007

Nel conclave dell’Unione tenutosi sabato scorso, Padoa-Schioppa ha detto che il Pil italiano crescerà, nel 2007, del 3% grazie alle misure della finanziaria. In realtà il linguaggio prevalente nella coalizione è che tale obiettivo dovrà essere perseguito con nuove iniziative, comunicando implicitamente che quelle in atto non sono adeguate allo scopo. Comunque sia, la maggioranza ed il governo pensano, in un modo o nell’altro,  di poter portare l’Italia ad una livello di crescita, il prossimo anno, che il nostro Paese non vede da molto tempo. Sarà possibile? 

 La crescita, ovviamente, dipende principalmente dalle condizioni del mercato globale. Per il 2007 resteranno buone, ma un po’ meno che nei due anni passati per il rallentamento della locomotiva statunitense e, forse, di quella cinese. Il prezzo del petrolio si sta stabilizzando a livelli sostenibili, pur restando l’incognita di crisi geopolitiche, per esempio le sanzioni all’Iran, che potrebbero mandarlo alle stelle generando una recessione mondiale. Ma se ciò non avverrà le condizioni esterne per la nostra crescita non vieterebbero una attorno al 3%. Finiremo il 2006 con un incremento del Pil attorno allo 1,7%. Questo è stata trainata dal miglioramento delle capacità esportative delle nostre piccole e medie imprese e dalla ripresa del settore auto, nonché da una crescita finalmente decente del mercato tedesco, che è uno dei principali per le nostre sorti, e dal fatto che nel primo semestre il cambio dell’euro non ha penalizzato troppo l’export. Ma per il 2007 si prevede un cambio dell’euro non competitivo e quindi meno export. L’economia tedesca rallenterà la crescita per questo motivo e per il fatto che i consumi interni saranno ridotti dal notevole aumento dell’Iva dal primo gennaio. In queste condizioni è più probabile che l’Italia riesca crescere poco sopra l’1% nel migliore dei casi e non certo verso il 3. Ma la politica economica del governo, in effetti, potrebbe migliorare di molto tale risultato, in teoria. In pratica, tuttavia, si osserva un crollo della fiducia da parte di chi crea la ricchezza: imprenditori, artigiani, professionisti, in generale la gente che vive di mercato. Il ceto produttivo si sente aggredito sul piano fiscale sia in termini di aumenti reali dei costi sia simbolici. Difficile che nel 2007 provi l’ottimismo necessario per rischiare nuovi investimenti, in particolare nel nostro territorio. Anzi, i provvedimenti fiscali e di polizia preventiva stanno aumentando la fuga di capitali ed investimenti all’estero. Ci sarà, soprattutto, un impatto pesante dell’aumento del costo del denaro, annunciato dalla Bce, sia sulla spesa annua dello Stato per pagare gli interessi del debito sia sulle tantissime famiglie che hanno acceso mutui a tasso variabile. La bozza di finanziaria non sembra dare a queste famiglie un sufficiente sollievo fiscale per bilanciare il drenaggio dei mutui e ciò fa prevedere una riduzione dei consumi interni, quindi un frenata del Pil. Non si sa ancora quale sarà la maggior spesa pubblica per interessi, ma questa certamente aumenterà – e pare che la bozza di finanziaria non lo abbia previsto – costringendo ad impiegare risorse per questo scopo e non per quello dello sviluppo. In generale, la finanziaria aumenta il carico complessivo fiscale, alzandolo al 42% complessivo circa, invece di  ridurlo e questo è fattore certo di riduzione della crescita. O il governo ne cambia l’impostazione, tagliando sostanzialmente spesa e tasse, oppure non c’è modo di sperare nella crescita robusta annunciata.

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