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Carlo A. Pelanda
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2006-7-17

17/7/2006

Il rischio di disordine globale

Il mercato sente aria di guai e comincia a scontare tale rischio prospettico in forma di maggiore prudenza nelle Borse e trasferimento verso beni rifugio. Infatti negli ultimi giorni le Borse sono scese di molto, il prezzo dell’oro – l’indicatore principale di una crisi di fiducia - è tornato a salire, gli investimenti immobiliari restano elevati nonostante il settore sia in “bolla”. La sensazione di futuro disordine globale è stata peggiorata dal fatto che il gruppo di nazioni che dovrebbe portare ordine, quelle del G8 riunitosi a San Pietroburgo, si è dimostrato sostanzialmente diviso.

La paura del mercato, semplificando, è la seguente. C’è aria di guerra in aree rilevanti per il rifornimento di energia del sistema globale. La crisi calda in Medio Oriente che potrebbe coinvolgere l’Iran ed estendersi fino a tutta l’area del Golfo. La guerriglia (sabotaggio di oleodotti) in Nigeria. L’instabilità, o comunque la divergenza, del regime in Venezuela. La sensazione di un possibile uso per fini strategici delle risorse energetiche russe da parte di Putin che non assicura un ruolo di calmierazione del prezzo in casi di problemi. Il tutto a fronte di un incremento della domanda di petrolio e gas da parte dei giganti emergenti, Cina ed India. Fatto che da solo porta in rialzo strutturale il prezzo degli idrocarburi. Il petrolio è tornato a salire oltre i 75 dollari al barile con il rischio che vada oltre. In tale scenario la maggiore spesa per l’energia toglie denari ai consumi ed aumenta i costi delle produzioni economiche. Ed è tipico che prevedendo tale situazione le imprese diventino più prudenti ed inneschino un ciclo di contrazione dei loro investimenti che poi si traduce in tendenza recessiva. Già, in condizioni normali, ci si aspettava una lieve recessione in America e nel resto del mercato globale trainato da questa, per il 2007 perché il ciclo economico si è surriscaldato dal 2004 in poi. E le banche centrali, alzando il costo del denaro, lo stanno raffreddando. Ma lo scoppio di conflitti che potrebbero andare fuori controllo perché non c’è un credibile sistema di governo globale potrebbe congelare l’economia planetaria. Il problema, infatti, non è tanto la pericolosità intrinseca dei diversi conflitti – il Giappone che minaccia azioni preventive contro la Corea del Nord, Israele che disperata si difende attaccando, la Somalia caduta nelle mani di Al Qaida, la destabilizzazione islamica della Nigeria, l’ambizione nucleare dell’Iran, ecc. – ma la forza del sistema di nazioni ordinatrici per porre un limite ai conflitti stessi ed alla loro degenerazione. Ed è qui che ci sono brutte notizie. La Russia di Putin ha deciso di non cooperare con l’America su un piano comune di gestione delle emergenze. L’Europa ha confermato la propria impotenza e passività perché ricattata sul piano energetico ed immobilizzata dal dissenso popolare in relazione a politiche di sicurezza globali. Senza la Russia, con la Cina di traverso ed un’Europa debole, l’America farà fatica a convincere il mercato che da sola riuscirà a mettere un freno ai guai del pianeta. D’altra parte non è interesse della Cina destabilizzare il sistema globale, in cui fa soldi a palate, perché si destabilizzerebbe anch’essa. La Russia ha più interesse a farsi riconoscere come rinata potenza globale che a creare disordine. Ciò serve a dire che non necessariamente vi sarà ingovernabilità totale del pianeta. Ma è in atto un riequilibrio di poteri tra Washington, Mosca e Pechino che comunque apre una fase di disordine. E il mercato, appunto, la sta scontando.

(c) 2006 Carlo Pelanda
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