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Carlo A. Pelanda
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2006-3-27

27/3/2006

Il potere nucleare sotto il caso Enel/Francia

Il governo italiano ha accusato di protezionismo quello francese in occasione dell’opposizione del secondo all’annuncio di offerta pubblica di acquisto da parte dell’Enel nei confronti dell’azienda energetica francese Suez. La risposta di Chirac, carica di veemenza, è venuta durante i lavori del Consiglio europeo alla fine della scorsa settimana: non è vero, dati alla mano, che la Francia applichi il nazionalismo economico. Sabato e domenica  la stampa si è occupata della questione commentando i dati sul grado di apertura del mercato francese. Per esempio, in Francia il 46% del Pil viene creato da investimenti esteri, contro il 24% in Germania e solo il 13 in Italia,  e che un francese su sette è stipendiato da aziende straniere. Francia apertissima? Il Figaro ha pubblicato un sondaggio comparativo internazionale dove solo il 36% dei francesi si dichiara a favore del mercato aperto e della libera concorrenza, mentre in Germania lo fa il 64% ed in Italia - sorpresa -  ben il 59%. Dato che fa sospettare qualche problema di consenso per un governo francese che veramente accetti il mercato libero. Ma, insomma, la Francia è liberale o protezionista? Parigi, da sempre, apre il mercato interno nei settori non strategici e dove c’è, oltre a poco rischio di dissenso, un vantaggio economico nella presenza dello straniero. Per i settori strategici, invece, il controllo statale e la chiusura sono assoluti ed imperiali. L’energia è uno di questi. Infatti la questione da chiarire non è l’apertura o meno della Francia su cui si sprecano tanti commenti, ma la nuova natura strategica del settore energetico. 

 Blair, a Bruxelles, ha reso con ironia la diversità del Regno Unito: “nella mia residenza londinese l’elettricità è fornita da una compagnia francese, l’acqua da una società tedesca e per il gas posso scegliere tra quattro diversi fornitori, tra cui tre non britannici”. Voleva dire che tali condizioni di libera concorrenza ed apertura del mercato non esistono in Francia, Germania ed Italia, anche se da noi c’è una timida tendenza verso la liberalizzazione. Inghilterra a parte, infatti, in Europa c’è una competizione tra Stati, attraverso le aziende che controllano, per riuscire ad avere il dominio continentale dell’energia. Il punto non è solo la difesa dei “campioni nazionali”, ma anche la loro espansione per scopi di potere geopolitico. La Germania, semplificando, sta cercando di conquistare la Spagna. Ma ben più ambiziosa è la strategia francese. Parigi produce il 75% del fabbisogno nazionale di elettricità via energia nucleare. E ha un surplus che esporta. Le sue aziende stanno sperimentando i reattori di nuova generazione a sicurezza intrinseca o comunque supersicuri. Nel futuro, entro circa 40 anni, si dovrà necessariamente passare sempre di più all’energia atomica per l’esaurimento di petrolio e gas e complicazioni conseguenti sull’aumento dei prezzi. In sintesi, la strategia francese è quella di dominare il sistema di energia nucleare europeo per trasformarlo in primato geopolitico. In tale scenario è venuta a sorpresa la proposta dell’italiana Enel di comprare, di fatto, un pezzo del sistema nucleare francese oltre che di quello del gas che sarà strategico per almeno due decenni. Motivata più da necessità che da ricerca del potere per il fatto che l’abolizione del nucleare in Italia, dal 1988, ha tolto all’Italia la capacità di costruire in proprio i sistemi del futuro. Parigi ha detto no perché vuole che l’Italia resti denuclearizzata e dipendente sempre più da Parigi per l’energia. Questa è l’interpretazione del caso Enel/Suez che sembra un po’ più vicina al vero. Se così, Parigi conferma che non sa guarire dal suo male imperiale.

(c) 2006 Carlo Pelanda
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