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Carlo A. Pelanda
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2005-11-28

28/11/2005

La pericolosa ambiguità sul cambiamento climatico

Si apre oggi a Montreal il megaconvegno dell’Onu sul cambiamento climatico combinato con la conferenza dei Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto (1997). Per due settimane circa diecimila tra scienziati, gruppi di interessi e rappresentanti di governo confronteranno le loro analisi e tesi. Riusciremo finalmente a sapere cosa stia succedendo al pianeta?

Il clima sta certamente mutando e ciò mette a rischio gli insediamenti che nei secoli scorsi sono stati adattati ad un dato regime di temperature e cicli stagionali ritenuti stabili invece che mutabili. Ma nelle ecoscienze non c’è ancora consenso sulle cause ed i possibili scenari. E ciò mette in seria difficoltà gli economisti che aspettano dati ecofisici ragionevolmente precisati per valutare il tipo di impatto e quali nuovi adattamenti, e i loro costi, siano necessari, esattamente dove. Per esempio, nelle ultime settimane sono state pubblicate ricerche che rilevano un rapido scioglimento dei ghiacci artici ed il rischio di interruzione della corrente del Golfo a causa del mutamento del tasso di salinità delle acque marine dovuto allo scioglimento stesso indotto dal riscaldamento del pianeta. Prospettiva inquietante per l’Europa: senza la corrente del Golfo vi sarebbe una glaciazione. Se arrivasse, per dire, in un secolo, i tempi sarebbero sufficienti per un riadattamento delle città, infrastrutture, sistemi energetici, ecc., a costi gestibili. Se capitasse di colpo sarebbe un incubo per la società ed anche per l’economia. Per chiarire tale scenario bisognerebbe avere un quadro preciso delle cause. Per alcuni scienziati il riscaldamento del pianeta è dovuto all’effetto serra prodotto dalle emissioni di carbonio, i gas dalla combustione di petrolio e carbone. E portano come prova l’aumento di anidride carbonica nel pianeta da un più di un secolo e la sua correlazione con l’incremento delle temperature. Ma altri scienziati, pur riconoscendo questo fenomeno e la necessità di ridurre i gas serra, oggetto del Protocollo di Kyoto, ritengono che il cambiamento climatico sia causato principalmente da quello naturale e ciclico del pianeta. In effetti la geostoria mostra un alternarsi continuo di glaciazioni e riscaldamenti, lunghi e brevi, piccoli e grandi. Il riuscire a dirimere questo punto è vitale. Se fosse prevalente la causa dell’effetto serra, allora bisognerebbe accelerare l’azzeramento delle emissioni e con questo sperare di ridurre l’intensità del cambiamento climatico. Ma se fosse prevalente il mutamento naturale tale azione sarebbe del tutto inutile. E dovremmo prepararci ad un ecocambiamento inevitabile al quale possiamo solo adattarci modificando gli insediamenti. Non sembra questione da poco. Eppure la tendenza è quella di semplificarla imputando ai soli gas serra la trasformazione climatica. Con il sospetto che vi sia più ideologia in tale posizione che scienza. E dai documenti già circolanti che mostrano cosa si discuterà a Montreal emerge che nemmeno questa volta vi sarà un chiarimento. Perché manca il mezzo con cui la scienza potrebbe risolvere la questione: costruire un modello generale della Terra che ne rappresenti i fenomeni, le cause, e sia quindi base per previsioni credibili, non esposte all’ideologia verde, blu o rossa o gialla. Un tale modello costerebbe miliardi di euro e coinvolgerebbe decine di migliaia di scienziati con centinaia di specializzazioni disciplinari. Un oggetto molto costoso, per questo finora non fatto. Ma non si può più restare nell’ambiguità sulle cause mentre il mondo ci cambia sotto i piedi. Quindi sarebbe meglio investire denari nel nuovo progetto di modello della Terra piuttosto che in megaconvegni.

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