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Carlo A. Pelanda
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2005-8-1

1/8/2005

Il problema non è solo Fazio ma il sistema

Cerchiamo di valutare la “questione Fazio”, ormai internazionale e non solo italiana, da un punto di vista diverso da quello adottato dalla maggior parte dei commenti: l’interesse del cittadino in relazione al sistema bancario italiano.

Ricapitoliamo. Il governatore della Banca d’Italia è stato accusato di operare come giocatore, mentre il suo ruolo istituzionale sarebbe di arbitro, nelle partite per il cambio di proprietà di importanti banche quali la Bnl e la Antonveneta, favorendo gruppi italiani contro acquisitori stranieri. Prima di questo fu accusato  di aver “salvato” il sistema bancario italiano messo a rischio dal possesso di titoli spazzatura (Argentina, Cirio, Parmalat, ecc.) permettendogli di venderli ai risparmiatori senza una corretta informazione sui rischi. In effetti è evidente che Antonio Fazio abbia voluto favorire qualcuno contro altri nella partita delle due banche dette. Ed è altrettanto evidente che  abbia chiuso un occhio nella seconda questione. Disse, in occasione di una audizione parlamentare nel 2004, che la perdita di una decina di miliardi di euro, se spalmata sul pubblico dei risparmiatori, non avrebbe avuto effetti sistemici. Ma se fosse rimasta concentrata in qualche istituto finanziario, allora ciò avrebbe comportato una crisi bancaria. E’ Fazio il problema o qualcosa altro?

 Il problema alla radice è che le più grandi industrie italiane sono indebitate oltre ogni ragionevole limite. Le banche offrono loro credito non in base agli standard di prudenza, ma in relazione ad un accordo di salvataggio di tali imprese. Ovviamente la banca che si prende un rischio “per fare un favore” ne chiede un altro. E altrettanto ovviamente viene concesso: una banca che presta, per dire, un miliardo di euro ad un’azienda decotta e sta rischiando centinaia di milioni di perdita perché ha titoli di carta straccia, per esempio Parmalat, potrebbe chiedere il rientro del credito e mandare in fallimento l’azienda. In tale caso l’anomalia non è tanto Fazio, ma l’intreccio opaco tra banche ed imprese dove le seconde godono difinanziamenti erogati con criteri anomali e non secondo standard tecnici. Tale problema influenza anche la difesa dell’italianità delle banche. Se venissero gli stranieri, allora il sistema, per concorrenza, dovrebbe essere meno opaco. E – qui il punto che ci interessa – molte banche italiane dovrebbero aprirsi di più alla competizione per efficienza. Ora possono non farlo grazie allo scambio di favori: finanzio l’impresa fuori dagli standard, accetto gli ordini del sistema consociativo, ma in cambio mi lasci far pagare ai clienti dei prezzi esorbitanti per la tenuta del conto corrente e di altri servizi bancari. Mentre le banche più efficienti nel sistema internazionale offrono tali sevizi a costi quasi zero, guadagnando su una gestione più efficiente dei capitali depositati. In sintesi l’anomalia italiana è questa: uno scambio di favori tra banche (alcune e non tutte) ed oligarchie imprenditoriali che impedisce l’efficienza – meno costi - a favore dell’utente, la compatibilità tra tutela del risparmio e della stabilità bancaria. Se questa analisi, pur molto incompleta,  è corretta, allora noi clienti di banche dovremmo essere a favore di: (a) un’apertura del mercato italiano alla concorrenza; (b) un trasferimento di parte dei poteri di vigilanza dalla Banca d’Italia all’antitrust; (c) una più forte tutela del risparmio. Perché? Il non aver instaurato queste buone regole ha portato ad un sistema opaco e disordinato che ha costretto Fazio, pur persona correttissima, a fare delle cose discutibili e, soprattutto, noi a pagare costi e prendere rischi inutilmente alti agli sportelli.

(c) 2005 Carlo Pelanda
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