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Carlo A. Pelanda
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2003-11-10

10/11/2003

La Bce ha bisogno di una guida forte e non debole

Trovo giusto fare gli auguri di buon lavoro al francese Jean-Claude Trichet che ha da poco sostituito l’olandese Wim Duisenberg alla guida della Banca centrale europea. Anche perché è un augurio a noi stessi. Ormai l’euro c’è e non si può tornare indietro, ma mancano ancora sia un’economia di substrato che possa renderlo veramente stabile e forte sia le istituzioni di governo europeo che facciano da interlocutori alla Bce. Quindi chi ha la responsabilità di guidare la politica monetaria continentale in una situazione del genere non ha certamente un compito facile. Inoltre Trichet non potrà sperare che le riforme di efficienza economica e quelle di strutturazione europea verranno fatte in tempi brevi. Dovrà quindi compensare tali fattori di minaccia alla credibilità dell’euro aumentando la sua personale e quella della Bce. Cosa che non è riuscita, anzi, al suo predecessore, probabilmente non solo per difetto personale, ma per le tante anomalie del sistema. E penso che analizzare queste ultime possa essere utile per comprendere la difficoltà del compito.

La madre di tutte le anomalie è che l’euro è nato con una priorità politica più che economica. Francia e Germania, nel 1996, lo hanno visto come scorciatoia per accelerare e rendere inevitabile la formazione di unione politica europea. In base al principio che se si fa un moneta unica è impensabile non costruirci sotto un governo altrettanto unico. Il principio è sacrosanto, ma chi lo ha adottato non ha calcolato i problemi di questa strategia di fare prima il tetto e poi i muri. In effetti l’euro sta forzando le singole nazioni a convergere, ma queste non riescono ad accordarsi sul modello. E ne sta emergendo uno ibrido: un qualcosa di meno di un unione anche se di più di un’alleanza. Che in termini di governo dell’economia significa che, da un lato, ci potrà essere una istituzione integrata – che c’è, per esempio l’Ecofin – ma questa sarà ispirata dal bilanciamento di diversi interessi nazionali. Vuol dire, per esempio, che i governi non hanno conferito ad un potere europeo la facoltà di determinare i loro singoli bilanci. Hanno “solo” accettato di condividere la medesima regola di  portare in pareggio il loro bilancio pubblico, il Patto di stabilità. Il problema: se non ci riescono o non vogliono (come sta accadendo) non c’è nessuna autorità che possa impedirglielo. E se il Patto salta il governo della moneta si fa impossibile. Non solo in pratica, ma anche in teoria. Il concetto di “moneta unica” è semplice perché equivale a quello di moneta che è espressione di una funzione altrettanto unica di governo pienamente sovrano. Ma che oggetto è una moneta che rappresenta un sistema politico dove le sovranità nazionali possono divergere? Denominarlo è facile: “moneta condivisa”. Ma cosa voglia dire nessuno lo sa perché è un’anomalia. E di fronte ad una situazione del genere la povera Banca centrale nata prima del governo europeo e, soprattutto, disegnata assumendo che questo ci sarebbe stato può dire una sola cosa: per l’amor di Dio rispettate il Patto di stabilità, in quanto istituzione sostitutiva dell’assenza di governo unico, se no salta tutto. Ma cosa può fare per imporre il rispetto delle regola ai governi? In ogni conflitto tra autorità monetaria e politica disordinata che mette a rischio il valore della moneta la prima controlla la seconda minacciando di alzare i tassi, cioè il costo del denaro. Così l’economia va in recessione e i politici poi devono vedersela con elettori infuriati. Per evitarlo, quindi, i governi devono fare i bravi. Ma questo è in teoria. In pratica i governi europei imprigionati in modelli assistenziali – anomalia nonna di tutte le altre - ottengono il consenso aumentando la spesa pubblica e non rispettando il Patto. Inoltre la Bce non può alzare i tassi in forma dissuasiva o correttiva perché tale azione spaccherebbe l’Europa. Ma non li può nemmeno ridurre quando e quanto sarebbe necessario perché c’è un sistema, oltre che disordinato, anche irriformato che tende a produrre inflazione “intrinseca”, cioè per cause di modello: poca concorrenza, poca produttività, deficit pubblici, ecc. In sintesi, la mancanza di un ordine politico europeo toglie capacità di manovra tecnica ed efficacia alla Banca centrale.

Ci sono tanti altri problemi di disegno della Bce (non ha la missione stimolativa come la sua “collega” americana, non è chiaro il rapporto tra poteri di vigilanza nazionali e di competenza europea, ecc.), ma quello più rilevante è che si trova ad essere un’istituzione europea di un’Europa che non c’è. Certamente questa situazione verrà risolta perché è pericolosissima. Ma ci vorranno anni e leader forti per farlo. Tutti noi europei abbiamo l’interesse che sia un carattere fortissimo e non debole a difendere il valore della moneta. Che non ci importa sia condivisa, unica, verde o marrone, ma che vogliamo solida. E ci aspettiamo, auguri a lui e a noi, che Trichet un tale carattere ce lo abbia.

(c) 2003 Carlo Pelanda
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