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Carlo A. Pelanda
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2002-2-11

11/2/2002

Tra ottimismo e cautela

L’economia reale americana sta ripartendo e quella europea – via il rilancio dell’export, soprattutto della Germania ora in ginocchio -  seguirà dopo qualche mese, promettendo l’avvio di una sostenuta ripresa globale nel secondo semestre dell’anno e una buona crescita nel 2003. I messaggi ottimistici che i governi sono sempre e comunque costretti a dare per mantenere elevata la fiducia del mercato questa volta corrispondono ai dati effettivi. Per altro i lettori di queste pagine sono stati invitati già un anno fa a mantenere il primo trimestre del 2002 come punto di svolta per la leggera semirecessione globale iniziata a metà 2000, circa. Così è. Così è stato annunciato nel recente summit dei ministri economici e banchieri centrali dei G7 (+1). Ma, attenzione, ciò non vuol dire che il 2002 sarà “liscio” e che lo scenario ottimistico sia già ben stabilizzato. Vediamone luci ed ombre.

Mesi fa si discuteva se la ripresa americana sarebbe stata a “U”, rimbalzo a boom del Pil e dei valori finanziari oppure a “L”, poca crescita ed incerta dopo la caduta. Oggi gli specialisti, dopo aver notato l’avvio iniziale di una “U”, temono un andamento a “W”, cioè una ripresa che tenterà di essere più forte di quello che i sostegni reali potrebbero permettere. E che quindi potrebbe ricadere in recessione e rimandare più verso il 2004 una crescita robusta e stabilizzata. Quanto è probabile questo scenario? Non possiamo escluderlo, soprattutto,  a livello di Borse, ricordandoci che gli andamenti finanziari sono intimamente connessi con quelli di economia reale. Vediamo un esempio di “falsa ripartenza” già avvenuto. Nello scorso novembre, dopo la breve, ma intensa, caduta borsistica seguita all’11 settembre i titoli azionari rimbalzarono. Ma un po’ troppo, arrivando a valori che scontavano profitti realisticamente impossibili per il prossimo biennio. E da qualche tempo, infatti, stanno tornando giù. Se ricapita una cosa del genere in forma più ampia tra qualche mese, allora l’effetto delusione potrà compromettere, sia psicologicamente sia tecnicamente, la ripresa degli investimenti nell’economia reale. Accadrà se il mercato insisterà nel viziaccio di procedere per bolle, cioè di esagerare troppo in anticipo, e gonfiare, le buone notizie. Ma potrà anche succedere per motivi oggettivi. Per esempio, se la ripresa reale americana sarà robusta e veloce, allora l’autorità monetaria sarà sotto tensione per rialzare i tassi allo scopo di prevenire l’inflazione. Poiché è difficilissimo capire quali siano i tassi giusti in una situazione a metà tra ripresa e residuo della recessione, ci potrebbe essere l’errore di muoverli in modo sbagliato, soffocando la prima e facendo ricadere l’economia americana e quella globale nella seconda. Tale rischio non sarebbe così elevato se le Borse fossero ora più basse. Avrebbero più spazio realistico di crescita davanti a loro e ciò modererebbe le eventuali cadute. Ma il problema, appunto, è che sono ancora troppo alte, i valori di molti titoli perfino non del tutto rientrati dalla bolla abnorme del 1996-2000. Questa, a mio avviso, è l’anomalia che rende incerto lo scenario della pur certa ripresa. D’altra parte non sarebbe realistico invocare una caduta borsistica ulteriore per recuperare uno spazio di crescita futuro correlato alle possibilità effettive di incremento dei valori delle aziende quotate. La speranza è che gli operatori del mercato finanziario si rassegnino ad essere più tranquilli, aspettando che le situazioni reali si solidifichino. Comunque il rischio di altalena c’è. Anche perché ci sono molti luoghi di disordine ancora irrisolto nel mercato globale, la cui caratteristica è quella di diffondere a tutti il contagio da un’infezione locale: Argentina, Giappone, Turchia, ecc.; venti di guerra nell’ambito della bonifica del terrorismo, che continuerà, rilevante economicamente sia per l’incertezza finanziaria tipicamente portata da eventi bellici sia per le possibili tensioni (inflazionistiche) sul prezzo del petrolio, visti i teatri geopolitici coinvolti.

D’altra parte, dobbiamo considerare che questi rischi – ed altri che qui non c’è spazio per citare – sono stranoti e superdibattuti da mesi, sia dai governi sia dagli investitori. Per questo ritengo improbabile, pur segnalando che il rischio c’è, che si facciano errori così clamorosi da compromettere l’avvio della buona ripresa. Non li facciano, quindi, i piccoli risparmiatori, e chi li consiglia,  per fretta eccessiva di recuperare le perdite dell’anno passato. Anche perché se nel 2002 le cose andranno bene, senza scossoni, poi il 2003 ci premierà tutti. Quindi calma nel pur motivato ritorno dell’ottimismo.  

(c) 2002 Carlo Pelanda
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