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Carlo A. Pelanda
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2001-4-27

27/4/2001

Quello che l’Economist non ha capito

Berlusconi è idoneo a governare l’Italia? L’Economist dice no pur riportando, correttamente, la tendenza della maggioranza degli italiani a rispondere di sì. Proprio per questo il settimanale inglese si impegna in un appassionato appello per farci aprire gli occhi. Ma, leggendo attentamente le argomentazioni, non ne ho trovato neanche una così robusta da convincere la maggioranza degli italiani a modificare il loro atteggiamento. Siamo noi oppure l’Economist a non aver capito? Vediamo.

 Da Londra ci avvertono che stiamo per dare il potere ad un uomo che ha dei processi aperti, alcuni con imputazioni pesanti, quali la corruzione e l’associazione con mafiosi, di cui non si sa come abbia fatto inizialmente i soldi e che non ha ancora separato il proprio impero industriale dalla sua azione politica, mettendosi così in una situazione di plateale conflitto di interessi. Grazie, gentilissimi, ma sono sei anni che in Italia quasi non si parla d’altro. Inoltre la stampa e la televisione direttamente ed indirettamente influenzate dalla sinistra non hanno certamente lesinato dettagli e “oltre”. In sintesi, lo sappiamo e conosciamo molto di più di quanto è stato scritto dall’Economist. Questa, francamente, mi sembra la vera notizia: come mai milioni di persone perfettamente informate mantengono la fiducia a Berlusconi nonostante tutte le accuse che gli sono piovute addosso? Ma all’Economist non hanno voluto approfondire questo fenomeno. L’hanno giudicato a priori, senza analisi dei fatti, come risultato di un’ipnosi collettiva o della nostra immoralità congenita. Questo è un primo punto: l’Economist non ha capito quale fosse il fenomeno più rilevante (diciamoglielo in inglese: fallacy of misplaced relevance). Non è errore nuovo. Per esempio, durante la campagna elettorale americana, se non ricordo male, il settimanale volle mettere in guardia gli americani sulla presunta idiozia di Bush Junior senza capire che l’elettorato americano l’aveva comunque già valutata e preferita in ogni caso alle caratteristiche di Gore e al circo Clinton. 

 C’è un secondo errore di comprensione che discende direttamente dal primo. Non è assolutamente vero, come si insinua tra le righe, che noi italiani siamo indifferenti alle accuse a Berlusconi o al problema del conflitto di interessi. Nella società civile che attualmente da il consenso alla Casa della libertà se ne è discusso moltissimo in seminari, conferenze, nelle chiacchierate serali tra amici in casa, nei circoli. Quali sono stati i termini di riferimento e le decisioni in tale processo di consultazione popolare? Il sistema giudiziario, per i suoi tempi lunghi, ci dirà troppo tardi se quest’uomo è innocente o colpevole. Quindi tocca a noi, società civile, dover per forza esprimere un giudizio. Questo è stato dato: assoluzione. Ma non solo perché eravamo già schierati. Abbiamo visto la sinistra riconoscere la legittimità al capo dell’opposizione. Abbiamo visto Ciampi gradirne i voti utili alla sua elezione a presidente della Repubblica. E anche D’Alema felice di riceverli per ottenere una maggioranza favorevole, altrimenti impossibile, all’entrata in guerra con la Nato contro la Jugoslavia. Tali eventi, uniti al fatto che appariva troppo evidente un uso politico della magistratura, alla fine ci hanno convinto che potevamo assolverlo. Questo non vuol dire aver sottostimato l’anomalia: una parte della popolazione italiana si è trovata a dover prendere una decisione responsabile in condizioni di totale incertezza istituzionale. Lo ha fatto con grande senso di responsabilità.. Si è anche discusso, più recentemente, se era il caso o meno di lasciare che quest’uomo concentrasse nelle sue mani un mandato così forte. Non siamo così cretini, cari inglesi, da non capire i rischi di “cesarismo”: dominio del partito di maggioranza, personalismo, leadership politica incontrastata, di fatto un monopolio. La decisione è stata quella di delegare a Berlusconi  tanto potere per il semplice fatto che in Italia devono essere fatti cambiamenti di enorme portata e difficili. Il nostro Stato non è organizzato verticalmente e non fornisce al capo del governo gli strumenti istituzionali necessari per governare. Ciò va compensato con una concentrazione, temporanea, di potere politico. La maggioranza degli italiani sostiene Berlusconi non tanto per amore, ma perché è consapevole della situazione di emergenza in cui si trova il Paese e che questi sia l’uomo giusto per rappresentare i loro interessi. E’ una scelta razionale, non emotiva. La sensazione che ci siamo fatti è che Berlusconi voglia sinceramente passare alla storia come la persona che ha guidato la rinascita dell’Italia. Di questo atteggiamento, e dell’enfasi sul fare piuttosto che sul dire, ha dato prove convincenti. Anche per questo ci pare sia l’uomo giusto, ma non l’abbiamo per nulla deificato: sarà valutato nei fatti. In sintesi,  il mandato che stiamo per dare a Berlusconi è frutto di una decisione consapevole, dibattuta, informata, spesso sofferta. Altro che ipnotizzati o immorali. Questo è il  punto che l’Economist non ha capito, forse per pregiudizio, e che quindi non ha nemmeno tentato di analizzare. Ma non facciamone un dramma: il settimanale inglese avrà modo di riparare, comunque grazie per l’attenzione.

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