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Carlo A. Pelanda
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2001-5-16

16/5/2001

Tempi duri, però il motore può ripartire

Il governo Berlusconi inizierà la propria attività in un momento particolarmente brutto del ciclo economico internazionale ed europeo. La crisi americana deve ancora sfogarsi ed è ancora incerto il quando potrà rimbalzare pur certo lo farà. Probabilmente, nel migliore dei casi, non prima della fine dell’anno. L’impatto di questa situazione sull’economia dell’eurozona riguarda una contrazione delle esportazioni che ne sta quasi dimezzando la crescita media prevista ad inizio anno (dal 3% a sotto il 2). Se si considera che l’effetto locomotiva dell’America, in un senso o nell’altro, sull’Europa agisce tipicamente con 6-8 mesi di ritardo e che l’eurozona, per motivi di rigidità, non ha capacità di crescita interna propria (infatti consumi ed investimenti sono praticamente piatti), allora si prefigura uno scenario di prima opportunità di rimbalzo, da noi, non prima della metà del 2002. Tale brutta tendenza è confermata dalla  discesa corrente del Pil italiano e dalla crisi pesante in Germania. Cosa possiamo realisticamente aspettarci dal governo Berlusconi in questa situazione? Vediamo.

 Il suo programma si basa sul concetto che riducendo le tasse si aumenta la crescita senza mettere a rischio le entrate dello Stato: il gettito perduto con la defiscalizzazione lo si recupera grazie al fatto che più soggetti economici guadagnano di più pur pagando meno tasse. La teoria è giusta. Ma i vincoli di bilancio europei costringono ad attuare entro un anno fiscale tale manovra. In fasi di ciclo basso l’effetto stimolativo delle minori tasse potrebbe portare ad una crescita ritardata o lenta. Se così fosse, il gettito perso non riuscirebbe a rientrare in tempo formalmente utile nelle casse statali e, per un anno, vi sarebbe il rischio di deficit. Che le regole europee, per la stabilità dell’euro, non ammettono. Dovrà il governo aspettare tempi migliori del ciclo internazionale per tentare la stimolazione fiscale, deludendo così le aspettative di molti e ritardando il rilancio dell’economia italiana in affanno? Lo deciderà, ovviamente, Berlusconi. Ma è interessante dibattere su questo punto già da ora. Parte della risposta dipende dalla valutazione di quanta crescita anticiclica, e come, può fare l’Italia. A mio avviso è in grado di farne molta. Perché la maggior parte degli imprenditori e delle aziende ha congelato nel recente passato i nuovi investimenti in attesa di migliori condizioni fiscali. Se queste arrivano, per esempio con la già annunciata legge Tremonti 2 di detassazione degli utili reinvestiti, la quantità di investimenti sarà massiccia ed attuata in tempi brevi. E per questa via vi potrà essere un effetto crescita notevole in Italia anche nel ciclo basso europeo ed internazionale. Probabilmente un ragionamento simile a questo porterà il governo ad agire con determinazione sulla leva fiscale. In sintesi, il ciclo basso, combinato con i vincoli europei che ne esaltano la negatività per le manovre fiscali, non pare poter compromettere le attese di una sostanziale stimolazione economica per il caso italiano.

 Certamente il nuovo governo dovrà stare molto attento sia ai dettagli tecnici  sia alla sequenza temporale delle diverse manovre di defiscalizzazione. Per esempio, le leggi stimolative comportano un rischio inflazionistico. Se applicate tutte in un periodo ristretto ed in un momento di ciclo internazionale basso rischiano di far cadere il Paese nel triangolo della morte: alta inflazione, poca crescita e deficit del bilancio pubblico. Ma tutte le dichiarazioni recenti lasciano intendere che chi gestirà queste manovre è ben consapevole dei rischi e dei modi per minimizzarli. La risposta alla domanda, pertanto, è positiva: l’Italia avrà un rilancio economico anticiclico nel secondo semestre. Non potrà essere un boom né, probabilmente, sosterrà un analogamente anticiclico rialzo nella Borsa italiana (attenti). Ma sarà sufficiente a riavviare il motore economico del Paese per farlo correre di più dopo.

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